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vocazione di Musa verace e celeste, che di finta e favolosa.

Opp. Appresso dico, che non doveva, a mio giudicio, invocare il Tasso la Beata Vergine; avendo, come poco fa detto abbiamo, confessato di volere adombrare il vero con menzogne, non convenendosi adoprar lei in cose simili.

Risp. Che per la Musa invocata dal Tasso non si intenda la Vergine Maria, s'è detto di sopra; ma si bene una Musa non finta, nè favolosa, ma verace e celeste. Che questa non si convenisse semplicemente adoprare, mentre il vero s'adombrava, conobbe il poeta; e perciò ne chiese pordono. Non disse già d'adombrare la verità il Tasso ; ma d'adornarla, e mischiarla di lusinghe e diletti mondani. Ma perchè aveva pure scorto l'utile che da questa mischia nasceva, perciò a cantarne avea domandato l'aju

to suo.

Opp. Chè sebbene gli altri poeti, che di cose divine trattavano, inserivano anch'eglino menzogne, come poeti, non dicevano però di farlo.

Risp. E che importa, se lo facevano? O come la Musa non se ne sdegnava allora, e non gli abban donava nell'impresa? o, come se il poeta l'avesse fatto senza dirlo, sarebbe stato bene? Benchè il Tasso non dice di voler dir menzogne, ma d'adornar il vero, e farlo dilettevole in modo, che dagli uomini sia ricevuto volentieri.

Opp. Laonde il richiederla in questo, fu forse cosa da uomo poco devoto.

Risp. Signor no; perchè non è poca divozione cantar soggetto pio e divoto; e avendo rispetto alle infermità di colui, che da esso avea a trar profitto, adornarlo e addolcirlo più di quello, che per sua natura si sarebbe dovuto. Or come il richiedere ajuto da Iddio in questo sarà poca divozione?

Opp. Oltre di questo, se gli altri poeti invocavano, non invocavano, come mostrato abbiamo di sopra,

ogni Musa, nè ogni Dio; ma quegli solamente, che lor potevan porgere ajuto. Laonde non doveva il Tasso ancora invocarla, se confessando che l'aveva offesa, poteva sospettare d'esserle odioso, e non isperare d'averla ad aver favorevole.

Risp. Non confessa d'averla offesa semplicemente; ma le chiede perdono d'avere in simil materia usato modo, del quale altro era più convenevole. E di questo rende subito la ragione; ch'è l'infirmità del mondo. Se la Musa celeste dunque, che per avventura non é altro che 'l vero Iddio, a questa infirmità ha risguardo, come ha senza dubbio, non le sarà offesa d'essere in ciò adoperata.

Opp. Sicchè non par che servi il decoro della Beata Vergine, che si mostri poco pio verso lei, e che non faccia quel che richiede il bisogno suo; potendo, com'io ho detto, sospettare che non fosse per ajutarlo.

Risp. Egli invoca una Musa celeste, non la Beata Vergine, come abbiam detto; ma nulla rileva, siasi questa; chè ancora il decoro è servato; nè si dimostra poco pio, nè può sospettar ch'ella non l'abbia a favorire; e ciò per la ragione pur ora apportata.

Opp. Non doveva dunque, per mio parere, confessar di coprire il vero con favole poetiche, quantunque per allettare il volgo mostri d'averlo fatto; ma sol dire di cantar cose pie, come aveva proposto, se voleva poterla invocare.

Risp. Anzi il doveva fare, poscia che l' ebbe invocata, e ragionevolmente invocata; da che non era altra deità, che in simil materia gli dovesse più convenevolmente porgere ajuto; e avendolo fatto, giusto fu ancora renderne la ragione, quale egli subito

rese.

Opp. E allora invocandola, avrebbe potuto o invocar solamente lei (e nondimeno avrebbe tacitamente mostrato il pensier suo vero e santo, cioè che le Muse siano Dee favolose);

Risp. Egli l'ha potuta invocare, eziandio confessando poscia di fregiar la verità, e d' adornar le carte di diletti mondani; e ciò per la ragione di sopra addotta.

Opp. O con lei invocare anco, come poeta, le

Muse.

Risp. Dov'era la Musa celeste, non facea di me stieri delle Muse di Parnaso. Nè quella men che queste rende altrui poeta.

Opp. Imitando il Sannazzaro, il quale nel libro del parto della Santissima Vergine, quantunque trattasse cosa tanto divina, e tanto importante, che maggior trattare non poteva; invocò però non solo gli abitatori del Cielo, e la detta santissima Vergine, di cui fu quel parto gloriosissimo; ma ancora le Muse:

Risp. Se parve di far così al Sannazzaro, parve di fare altrimente al Tasso; nè fu scompagnato da ragione il suo parere.

Opp. Facendo quelle invocazioni, avuto riguardo alla materia che cantava;

Risp. Le invocazioni ne' poemi non si fanno per altro, se non per lo soggetto che si tratta, acciò dalla Musa sia ajutato in esso chi prende a cantarne, Chè ben si sa, che chi si mette a cantare alcun soggetto poetico, e poeticamente il canta, merita nome di poeta, senza che per iscoprirsi per tale, debba fare una particolare invocazione.

Opp. E questa, avuto riguardo allo stato suo;

Risp. Per questo non era necessaria invocazione, come abbiam detto; massimamente che, come pur poco avanti dicemmo, la Musa celeste non meno scopre poeta, che quelle di Parnaso. E le stesse parole del Sannazzaro mostrano, che non per questa cagione, ma per l'altra di sopra allegata egli ancora chiama le Muse; dicendo, che esse ancora traggevano origine dal Cielo, che gioveria loro la verginità e la riverenza, e che benissimo potevano saper quel

fatto.

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RISPOSTA DI GIULIO GUASTAVINI

Opp. Poichè come poeta cantava; e le Muse sono attribuite a' poeti .

Risp. Cantava come poeta ; e le Muse sono attribuite a' poeti: ma dove è la Musa invocata dal Tasso, non v'era di mestieri, come dissi di sopra, d'altra sorte di Muse. Onde senza di quelle ha ben potuto fare il Tasso, e mantener il nome non solo di poeta, ma di altissimo e divino poeta.

D'ORAZIO LOMBARDELLI

SENESE, ACCADEMICO UMOROSO,

SOPRA

IL GOFFREDO

DEL SIGNOR

TORQUATO TASSO

Al molto reverendo sig. Maurizio Cataneo, Segretario dell'illustrissimo sig. Card. Albano.

Con molto mio gusto e sodisfazione ho trascorso

il racquisto di Gerusalemme, fatto già sotto la condotta dell' invitto Goffredo Buglione, secondo la descrizione del signor Torquato Tasso: e dico trascorso, perchè l'ho letto avidissimamente, si perchè ne avevo gran desiderio per la fama buona, che ne era sparsa, ma stavo aspettando lo stampato in Ferrara; si perchè l'opera ha in sè oltre ogni credere l'attrattrativo, e, come i Latini dicono, immittit aculeos: onde, mentre si legge, appena si può pausare; e, come s'è letto, si desidera di rileggere. Per lo che Vostra Signoria può pensar, quanto io maggiormente sia per gustarlo, e conoscer le sue bellezze, allora che lo ripiglierò a leggere da capo, e le anderò considerando. In tanto dico ad essa, per l'amicizia che ha col signor Torquato, che di sì nobile, e sì eccellente, e si fiorito poema in gran maniera mi rallegro con la santa Chiesa cattolica, con la poesia toscana, col nostro secolo, e con l'autore, Con la santa Chiesa, perchè contra ed a confusione d'infiniti mal consigliati e infelici scrittori, che hanno riempito

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