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ste cristiana si riduca in molte strettezze. E sebbene poco dappoi, con occasione della sfida d' Argante e del duello seguito, li Cristiani, vedendosi dal Paganesimo romper la fede, accesi di sdegno coraggiosamente combattono, e fanno larga strage de' nemici; tuttavia per l'assenza di Rinaldo, braccio del campo, e per opra degli infernali spiriti, i quali nembi e procelle rivolgono verso l'oste cristiana, son ributtati e quasi sconfitti. Il che tutto, oltre aver molto del convenevole, dovendo le cose mezzane esser turbate, passa col verisimile parte, e parte col necessario. L'istesso avviene immantinente, sì per la dolente morte del re 'de' Dani e di Rinaldo ( benchè falsa poi riesce questa), come anco per l'improvviso assalto dato al campo cristiano da Solimano; ponendosi tuttavia l'azione in maggior moto e l'impresa in periglio, nè senza rappresentarsi in tutto credibile e degua di molta fede. Benchè, come l'imprese umane sono soggette a gran vicissitudini, e le battaglie sopra tutto e le vittorie son variabili ed incerte, cominciando appunto nel colmo dei perigli a girar la fortuna, anzi ad apprestarsi celeste ajuto al campo fedele; e perciò rintuzzato l'orgoglio degli spirti infernali, per valor di Rinaldo torua all'oste il nobile e valoroso drappello de' cavalieri, non lungi sviati da Armida (1); sicchè aspro governo si fa degli infedeli. Dove pur ogni cosa tien sembianza di vero, e passa col verisimile e necessario.

Ma poiché l'ora è già scorsa, ed io ragionando alla presenza di uditori, i quali per la rara e bella coguizione c'hanno di sì maraviglioso poema, potranno per se stessi andar con la mente trascorrendo il restante della favola, con riconoscer quel ch'io pretendo; non fa mestiero che in ciò più a lungo mi trattenga. Dirò solo che, dopo molti contrasti e sforzi fatti com'è ben verisimile) dall' una e l'altra parte (2), e dopo vicendevoli timori e speranze, perdite ed acquisti, finalmente Rinaldo, il forte, ritornato al

(1) Can. IX e X. (2) Can. XI, con li 9 seguenti.

campo e recisa la selva, fa che il Buglione col favor celeste al fine ottien vittoria degli eserciti nemici, e conquistata la città scioglie al tempio i voti. Nel che potendo omai a ciascuno restar chiaro, quanto l'ingegnosissimo poeta nostro abbia formata la favola secondo il verisimile e necessario; e come all'incontro Omero sia colmo d'inverisimili, Virgilio non in tutto forse ne sia scarco, o senza qualche sospetto; resta, Signori, che per voi stessi concediate in ciò la palma a Torquato, ma però in modo che non lungi venga seguito da Virgilio, ma Omero li resti di gran lunga lontano.

Che se peravventura alcuno si querelasse e mi opponesse, che Torquato con tutto ciò sia molto tenuto ad Omero, e che i moti e progressi, come anco gli episodj (sebben questi si son tralasciati per ora) della sua Gerusalemme liberata sieno simili a quelli dell' Iliade; io certamente non m'opporrei in tutto: ma ben risponderei che molte cose, le quali ree posson riputarsi nell' Iliade o almeno non perfette, nella Gerusalemme si sieno ridotte a bontà e perfezione, sicchè il rame in argento, l'argento in oro si sia cangiato. Dio buono! (chè pur sono sforzato a parlare, per rispondere alquanto più pienamente alla proposta querela) Induce Omero Elena, cioè l'adultera ed unica cagione delle stragi e ruine trojane, che di pari con Priamo s'asside sopra le mura in alta torre mirando le battaglie, e divisa al vecchio i cavalieri più valorosi (1): or chi non si sdegna e riprende un tal fatto in una adultera? o come non avrà ciò per lontanissimo dal verisimile, mentre Priamo ed Ecuba con tante nuore, anzi infinito numero di Trojane, per la costei colpa vedeano i proprj figli e mariti svenarsi, e la città e il regno tutto esser ridotto in tale e tanto periglio? Quanto più acconciamente Torquato indusse Erminia, nobile ed onesta regina, che spogliata del regno d'Antiochia, ricovrossi nella corte del vecchio Aladino; sicchè

(2) Iliade, lib. II

poi potè onestamente assidersi seco sovra le mura in alta torre, ed indi (già che nell'assedio d' Antiochia ebbe contezza dell' oste cristiana) additare i più forti e valorosi cavalieri! Così ancora, mentre Omero induce Achille, cioè il fior de' magnanimi e forti, ed a cui dà titolo di eroe e divino, ad incrudelir bruttamente nel cadavero di Ettore, e per li piedi strascinarlo per terra barbaramente, con venderlo al fine (e per vergogna anco secretamente) al vecchio padre, e ricevendone egli il prezzo; chi non vede con quanto più decoro e verisimile Goffredo appresso il Tasso, incontrato Altamoro il re di Sarmacante ferito e già in pericolo di morte, si mostri pietoso, e gridi a'suoi-Cessate; ed indi venendoli da Altamoro offerto largo tesoro, risponda ( nè senza bella imitazion di Virgilio )

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Il Ciel non diemme
Animo tal che di tesor l' invoglie

Ciò che ti vien da l'indiche maremme Abbiti pure, e ciò che Persia accoglie; Chè della vita altrui prezzo non cerco: Guerreggio in Asia, e non vi cambio, o merco. E tanto (per non diffondermi in esempi per ora massime convenendo farne discorso in altro luogo ) basti, per rispondere alla proposta querela; e per mostrare che Torquato veramente seppe cangiare il rame in oro, e, per parlar più chiaro, ridur l' altrui inverisimile a verisimile e decoro.

DELL'ACCADEMICO RINASCENTE

DI ALCUNE ALTRE QUALITA' e condizioni DELL'EROICA FAVOLA E QUANTO IN QUESTE ANCORA TORQUATO SI MOSTRI D'ARTe e d'industRIA SUPERIORE A VIRGILIO, E MOLTO PIU' ad Omero.

Si è mostrato con che fino colore debba primiera

mente prendersi ad illuminare e colorire il bel disegno dell'epopeja, che è il verisimile: color nel vero molto vago, e soprattutto proporzionato all'occhio umano, affinchè diletti e piaccia; perciochè, siccome non è possibile che prendendo noi a leggere eroica azione, questa alletti e contenti a bastanza gli animi nostri, qualor sembri incredibile ed indegna di fede; così all'incontro, mentre con verisimile sembiante ci si presenta, si va facilmente da sè insinuando e da noi ricevendo per vera. E di qui avviene, che qualor poi il verisimile di quest'azione viene accompagnato da belli ed affettuosi successi, e spiegato con vaghe e leggiadre maniere, desta nell'animo allegrezza, compassione, timore, speranza ed altri simili affetti, e soprattutto ci riempie di maraviglia e diletto; tanto che poi, non ci avvedendo quasi, siamo addotti ad amar gli uni, a sdegnare ed odiar gli altri, e talora anco a sparger caldi sospiri ed affettuose lagrime. Di qui è che per ornare l'eroica favola di questi affetti, fa mestiero illuminarla e colorirla tuttavia con altri bellissimi e vaghissimi colori; tra' quali non è dubbio che la maraviglia, quasi color purpureo o vaga luce, è pregiatissima. Sicchè l' eroico poema, come ben ci va ricor

parti di quantità, cioè il proemio (ed in questo si contien la proposizione, l'invocazione; e, se così venga ad uopo, la dedicazione), e la narrazione, la quale ha con la favola trapposti qua e là varj episodj. Così avviene, che come fra le parti di qualità non riceve l'apparato e la melodia, contentandosi della favola, costume, sentenza e dizione; così tra le parti di quantità solo ha mestieri di proemio e di narrazione. Oltra che, qualor alcuno pretendesse pur in qualche maniera ridur gli episodj all'epopeja, in guisa che formassero un'altra parte di quantità, già si è mostrato abbondantemente di quanta mole possano o debbano formarsi gli episodj: e pertanto non resta necessità alcuna di ragionarne. Lascierò dunque delle tre proposte condizioni la prima, per essere stata spiegata se non da noi, almen da altri chiara ed abbondantemente: sebben qualora avvenche chiunque tratti dell' elocuzione, e perciò trascorra di in parte parte in il poema del nostro Tasso, prenda vaghezza di riconoscere anco e mostrar distintamente, che questo nobil poema nel perfetto degli episodj vinca di gran lunga Omero, e con bella gara più tosto si avanzi che resti inferiore a Virgilio; io non avrò per male impiegata la sua fatica: anzi loderò che insieme accenni, come per mezzo degli episodj il poema riesca affettuoso e di bel costume destando insieme maraviglia e diletto. E tanto basti di questa prima condizione.

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Vengo alla seconda, per cui c'impone Aristotele che la favola sia maravigliosa. Ma dove comandò, ovver ricercò questo Aristotele? Si può, per mio avviso, raccorre da alcuni suoi luoghi e detti: e prima, perchè ricordandoci da una parte che la favola epica si formi a sembianza della tragica (1); e dall' altra, per maggiormente destar nella tragedia la misericordia ed il timore (2), lodando la maraviglia; con mostrarci insieme che la tragedia allora principalmente abbia del maraviglioso, quando le cose succedono fuori

(1) Paragr. 124 e 127. (2) par. 57.

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