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do io sicuro, che continuando gli atti della sua naturale grandezza, sia per ricevergli con gentilezza non inferiore alla divozione, con che glie li presento. Lascio qui di fare, all'uso di chi dedica, il panegirista; poichè è V. Em. così colma di glorie, che il volerne apportare le pruove, sarebbe sciocchezza niente inferiore, che intraprender a pruovare con argomenti lo splendore nel Sole. Sono così note le porpore, i dominj, i triregni, l'armi e le lettere della sua Casa, che non han bisogno di testificazione maggiore; e veggonsi oggi l' Api Barberine in tanta altezza di volo, che pare obbligo quel che fu uso della natura, cioè di seminare anime grandi nella sua Casa. E sia questa volta a me lecito vaticinare, che non avendo meta fin'ora sufficiente la di lei gloria, abbia a posare di nuovo un giorno su la sede del Vaticano, facendo adorare la persona di V.Em.moderatrice del mondo, del glorioso Urbano rinnovando le memorie; perciocchè, quantunque Ella meriti quanto ha ottenuto, non ha finora ottenuto quanto merita. Ma io mi arresto dalle lodi, percciochè la grandezza dell'animo suo, unita alla modestia, vuol maggiormente la degnità delle azioni, che il senso degli encomj; ed io son tanto a darglieli inabile, quanto ambizioso in volerglieli dare. Si contenti solo ch' io dica, che malamente lagnisi la nostra età per povera di Mecenati, sapendo ella sola ben compensarne il difetto; poichè non meno sa Ella esercitare le lettere, che amare i letterati. Gradisca in fine questa picciola offerta, ch' io le presento; e siccome da una sola linea d'Apelle seppe altri conoscere l'eccellenza di quel dipintore; così V. Em. dalla picciolezza di questo dono congesturi l'immensità, non dico del mio talento, che ben corto in me lo conosco ; ma della mia inaltera

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bile divozione. Ed oh quanto avrà da confessarmisi tenuto questo libretto, che l'abbia saputo provedere del fregio perspicuo del glorioso suo nome. Ed oh quanto mi conoscerò io allo stesso parimente obbligato, se saprà impetrarmi il trocinio ragguardevole di V. Em., siccome ha potuto portarmi occasione di mostrarle il mio divoto ossequio, col quale riverente m'inchino al bacio della porpora e della sacrata mano.

Capua .

pa

LA

BILANCIA CRITICA

DI

MARIO ZITO

In cui bilanciati alcuni luoghi, notati come difettosi, nella Gerusalemme liberata del Tasso, trovansi di giusto peso, secondo le Pandette della Lingua Italiana.

PROEMIO

Fu un gran miracolo della divina Sapienza nel

breve spazio del volto umano racchiuder tanta diversità di sembianze; ma non minor maraviglia ell'è, che niuna tra l'anime ragionevoli uniforme già sia, e dello stesso ingegno dotata. Quindi insegnarono i Platonici, che l'anime nello spiccarsi dalle stelle per discendere ne' corpi, bevessero nella coppa di Bacco ch'è situata in Cielo fra il Leone ed il Cancro, e che fatte ebre e piene d' oblivione, non sapessero poi dar giudizio sincero delle cose. Da cotale incostanza degli umani giudizj si trasse per conclusione costante, che negl' ingegni sia divario; non potendosi prescrivere regola certa e comune a tutti nel giudicare. E sarà sempre impossibile di arrivarsi alla tempra d'uno inchiostro così purgato, che finisca di soddisfare alla veduta di tutti; non potendosi aguzzar tanto bene l' ingegno, che ferisca universalmente tutti gli affetti. Da alcuni si ricevono applausi : da alcuni reticenze: da alcuni ghigni di poco gradimento. Così addivenne nel teatro, dove ritrovossi una volta Filone. Men

tre recitava uno scrittore alcuni suoi componimenti, vide egli molti coll'applauso dar segno di soddisfazione: altri colla stupidità palesare il poco diletto: altri col turarsi l'orecchie dichiarar l'odio conceputo per le sciocchezze, come credevano, di quell' autore. Insomma i pareri sono diversi: ed han soggiaciuto a queste leggi tutti coloro che han fatta gloriosa la Repubblica delle lettere; poichè niuno de' più rinomati scrittori ha riportata giammai lode netta nelle sue lucubrazioni, quantunque sudate alla lucerna d' Aristofane.

Omero è paruto a molti il Platone dei poeti, l'oceano del sapere; onde acquistossi appo alcuni scrittori il titolo di divino: pur da Lodovico della Cerda e dallo Scaligero sono notate mille imperfezioni ne' suoi poemi: sorte toccata a tutti gli altri scrittori, così in poesia, come in prosa, siccome va notando minutamente un moderno (1); poichè non son mai mancati nel mondo i critici sfaccendati, che si hanno usurpata licenza di sindicare altrui, contaminando il balsamo prezioso d'un inchiostro erudito con putride gocciole di biasimo velenoso. E sempre sono stati coloro, che in ogni rosa hanno scosse le frondi per trovare il vestigio delle cantaridi; ed in ogni fabbrica sono andati scalcinando la tonica per ritrovarvi il pelo.

È verissimo adunque, che non ad ognuno pienamente si piaccia; poichè Giove stesso non può soddisfare a ciascuno, come avvisa Teogni: Neque Juppiter ipse sive pluat, sive non, unicuique placet Non tutti hanno i talenti di Nicostrato, che piaccia universalmente alla Grecia; nè può ciascuno aver del Roscio, che soddisfaccia a tutti i Romani. La lingua si esercita secondo la passione che la spinge, non secondo la verità. Ciascuno giudica secondo il proprio affetto: Ex alienis affectibus æstimamur, disse il Teologo di Nazianza.

Due cagioni furono assegnate alla facoltà del poc(1) Battis. Gior. Accad.

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