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RISPOSTA

Poco è stato inteso dall' oppositore il sentimento di questi versi del Tasso; perciocchè dicendosi dal poeta:

Or con gregge ed armenti al campo riede;

Ella ver loro ec.,

intendesi che Clorinda corse verso lo stuolo e la preda, che uniti insieme fanno il numero del più. Ma quando avesse anche inteso il poeta ver loro, cioè verso lo stuolo, non avrebbe; errato significando detta voce numero di più persone. Nè è vero, che questo modo sia ricusato nella lingua italiana perocchè la nostra gramatica dalla latina dipende come ben potrei dimostrare. Ma per non dilungarmi, con gli esempli proverò il tutto. Dice Giovanni Villani: Lo'ngrato popolo di Bologna nollaveano a fare (1). Dove si vede popolo nel numero del meno, e aveano in quello del più. Così parimente l'istesso storico: E così furono morti e presi quasi tutta la detta infortunata compagnia. E questo dire, secondo il Salviati, è ornato (2) e domestico;e dagli esempli da lui addotti scorgesi essere usitatissimo nel parlar nostro.

OPPOSIZIONE IX.

(St. 26.) «Così me' si vedrà, s ́al tuo s'agguaglia ».

Quanto sia sconvenevole la paroletta me', posta qui (siccome credo) in luogo di meglio, ben fa conoscersi da se stessa, essendo un troncamento di molto difetto; perciocchè viene a togliersene la maggior parte delle lettere, ed ha bisogno d'interpetre per intendersi.

(1) Vill. nell' Ist. (2) Salviat. Avvert. vol. 2, l. 1, C.2.

RISPOSTA

Molti troncamenti di voci io ritrovo, a' quali non si può in guisa alcuna ragion di regola assegnare; ma stimo che siano stati fatti dagli scrittori, secondo i proprj capricci, o pure secondo la necessità del verso, questi essendo per lo più i poeti. Nè si dia il censore a credere che il Tasso gli abbia usati senza l'esempio degli altri. Furono soliti alcuni antichi poeti di dire mei per meglio, siccome si vede in Buonagiunta da Lucca :

Perchè la gente mei me lo credesse (1). E M. Cino da Pistoja:

Dunque sarebbe mei, ch' io fussi morto (2).

1 qua'luoghi vennero anche notati dal Bembo ne' suoi trattati di lingua (3). Furono poi di coloro, che togliendone la lettera i, si compiacquero di dir me, del modo che di quelli, quei e que parimente si dice. Così fece Dante :

Sei savio, e intendi me', ch' io non ragiono (4). E volle seguitarlo il Petrarca:

Me vera, che da voi fosse il difetto (5) . Nè lo sdegno Lodovico Ariosto:

Quanto me finger san pittori industri (6). Onde poi il Bembo stesso, che ne diede gli esempli, volle dopo costoro anch' egli servirsene per farci conoscere che ben fosse l'usarlo ne' versi:

Ed era il me', ch' io le foss ito avanti (7). Ho detto tuttociò, affinchè si accorga il nostro censore che non fu detto dal Tasso senza la scorta de' primi poeti, che nella nostra favella scrivessero. Pure a maggior chiarezza, ed a soddisfazion de' curiosi soggiungo, che nella stessa guisa si disse dagli antichi fi per figliuoli, come dall'autorità di Dante si può chiaramente comprendere:

Per esser fi di Pietro Bernardone (8).

(1) Raccolta de' Poeti antichi. (2) Nell'istessa. (3) Bembo, Prose, p. 3. (4) Dante, Inf. c. 2. (5) Petr.c. 24. (6) Arios. Furioso,c. 7, st. 11.(7) Bembo, Rime.(8) Dante, Paradiso, c.11.

Nè può dirsi che ciò quel poeta facesse per necessi tà di verso, poichè ad uomo di sì alto ingegno mancar non potevano i modi di versificare senza storpiar le voci. Fu in questo modo usata questa parola sin dalla nascita della lingua italiana appo gli scrittori di que' tempi, e usavasi di dire fi Ridolfi, fi Giovanni, cioè a dire figliuoli di Ridolfo, figliuoli di Giovanni: e questo nelle prose altresì ho letto più volte. E per maggior difesa del Tasso recherò alcuni altri accorciamenti di voci, usati dagli scrittori, che assai più stravaganti rassembrano. Dissesi da Guitton d'Arezzo vo per voglia, che non molto differisce dal me ́detto dal Tasso, mancandoci l'istesso numero di lettere: Durar contra sua vo, contra suo stato (1). E si disse parimente da Dante uo per uopo:

Più non t'é uo, ch'aprirmi il tuo talento (2) (*). L'imperadore Federigo II, che imitò i poeti del suo secolo colla penna, in una canzone accorciò la voce sopra, e disse sor:

Valor sor l'altre avete (3).

La qual voce così tronca piacque ancora a'prosatori; onde Giovanni Villani disse: E'l sorpiù pagare de nari (4). Quindi poi si usò questo sor in composizioni, dicendosi sorciglio, sormontare, sorprendere, invece di sopracciglio, ec. E così parimente sorgiungere, che con vaghezza usò il Tasso medesimo:

Quando nuova saetta ecco sorgiunge (5); avendo forse per guida Guido Cavalcanti, che prima avea detto:

Non può coperto star, quando è sorgiunto (6); il che poi si arrogarono i più moderni con molta vaghezza. Ma tornando alle parole, che vengono senza regola accorciate, dico che anche il Petrarca tal

(1) Scelta di Poeti antichi. (2) Dante, Inf. c. 2.

(*) Nota che questa lezione non è legittima, mentre colla ediz. di Crusca, e colle antiche migliori, dee dirsi Più non t' è uopo aprirmi ec. Ma quest' autorità di meno non scema la forza alle ragioni addotte. L'Edit. Pis. (3) Scelta di Rime antiche.(4) Vill. Ist. (5) Gerus.c.21. (6) Cavalc. Rime.

Controv. T. IV.

3

una ne abbreviò con qualche stravaganza. Diss' egli in una canzone cre' per credere:

Come cre' che Fabbrizio

Si faccia lieto ec.(1).

E nell'istessa canzone si legge accorciato il verbo chiedere, dicendo :

Ti chier mercè da tutti i sette colli.

Sopra i cui luoghi, benchè potrei alcuna cosa apportare, non mi diffondo, mentre accortamente furono osservati dal Muzio. Pur io ho notato nel poeta medesimo com' detto per come:

Com' perde agevolmente in un mattino (2); avendo seguito in questo i più antichi, a cui era famigliare l'usarlo. Pier delle Vigne, a tutti noto e per la sua dottrina, e per la grande autorità che si acquistò in tempo di Federigo II imperadore, di cui questa patria mia va gloriosa, ed io porto vanto per lo congiungimento del sangue che ha la mia casa con famiglia così illustrissima; in una canzone, cui ci siamo compiaciuti aggiugnere alcune chiose per intendimento de curiosi, va dicendo:

:

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a

Ch' eo dico, ahi lasso mene! com faraggio (3)? Nè bisogna dire che la necessità del verso a questi accorciamenti tirasse quegli scrittori ; poichè niuna strettezza ma un vero uso di scrivere a ciò loro indusse il tutto potendosi conoscere dalle composizioni di cento degnissimi scrittori di prose, vedendosi anche in esse l'istesso modo infinite volte usitato. E per non perdere più tempo in apportar molti esempli, che frequenti se ne hanno, ne dirò solo uno del Boccaccio, come di cui può essere sufficiente l'autorità per comprobare cose di nostra lingua. Disse egli ca' per casata. Madonna Lisetta da ca' Quirini (4); seguito dal Villani, che disse: A insegnare i fanciulli da ca' Quirino (5). Pur Dante si servi di ca per casa:

E riducemi a ca' per questo calle (6).

(1) Petrarca, c. 11. (2) Sonel. 230. (3) Pier delle Vigne, canz. Scelta di Rime. (4) Boccac. Novel. 32. (5) Villani, Istor. (6) Dant. Inf. c. 15.

Quindi chiaro si scorge non esser meritevole di censura il Tasso nell' accorciamento me, come viene

notato.

OPPOSIZIONE X.

(St. 56.) « Se non se in quanto, oltr ́a sei miglia, un bosco »

Non ho mai osservato ne buoni scrittori questo modo di dire se non se e quanto sconvenevole sia, oltre al non essere usato, ben da se stesso si conosce. Qual buon suono potrà mai partorire nel verso la duplicazione del ser

RISPOSTA

Se non se è l'istesso, che dire eccetto o fuori : nè è maniera tanto disusata, quanto il nostro critico si crede. Disse il Petrarca :

Se non se alquanti, c'hanno in odio il Sole. Ed in questo luogo del Tasso, a mio sentire, non solo sconvenevole non si rende; ma forma il verso molto leggiadro e corrente, contro l'opinione del censore. Circa il duplicar le voci mi resta molto da dire; ma si riserba da me ad altro luogo. Per ora basterà conoscere non avere errato il Tasso, nè altri più moderni, che l'hanno usato anche nelle prose.

OPPOSIZIONE XI.

(St. 62.) « Non è chi tesser me' bellico frodo ».

Risorna ad inciampare nell' accorciamento me ́. Pur qui noto di vantaggio la voce frodo, come non solita ad essere usata da buoi scrittori, sapendosi bene che fraude, frode, e talor froda sia in uso di dirsi; se pur non vogliam dire che nelle prose, in eui più sta in osservanza la nettezza della lingua solo fraude possa essere ammessa, essendo l'altre due tutte del verso; ma nè in verso, nè in prosa fro

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