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LIBERATA.

CANTO TERZO.

ARGOMENTO.

Giunge a Gerusalemme il campo, e quivi
In fera guisa è da Clorinda accolto.
Sveglia in Erminia amor Tancredi, e vivi
Fa i proprj incendj al discoprir' d'un volto.
Restan gli avventurier di duce privi,
Ch'un sol colpo d'Argante a lor l'ha tolto.
Pietose esequie fangli. Il pio Buglione,

Ch'antica selva si recida, impone.

I.

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GIA l'aura messaggiera erasi desta

Ad annunziar che se ne vien l''aurora.
Ella intanto s' adorna, e l'aurea testa
Di rose colte in paradiso infiora;

Quando il campo, ch'a l'arme omai s'appresta,
In voce mormorava alta e sonora,

E prevenia le trombe; e queste poi
Dier più lieti e canori i segni suoi.

II.

Il saggio capitan con dolce morso
I desiderj lor guida e seconda;
Che più facil saria svolger il corso
Presso Carriddi a la volubil' onda,

O tardar Borea allor che scote il dorso
De l' Apennino e i legni in mare affonda.
Gli ordina, gl' incammina, e 'n suon gli regge
Rapido sì, ma rapido con legge.

III.

Ali ha ciascuno al core ed ali al piede, Nè del suo ratto andar però s'accorge. Ma quando il sol gli aridi campi fiede Con raggi assai ferventi e in alto sorge, Ecco apparir Gerusalem si vede,

Ecco additar Gerusalem si

scorge,

Ecco da mille voci unitamente

Gerusalemme salutar si sente.

IV.

Così di naviganti audace stuolo, Che mova a ricercar estranio lido, E in mar dubbioso e sotto ignoto polo Provi l'onde fallaci e'l vento infido, S'alfin discopre il desiato suolo, Lo saluta da lunge in lieto grido, E l'uno a l' altro il mostra; e intanto oblia La noja e'l mal de la passata via.

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