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LXXI.

E in tal modo comparte i detti sui E'l guardo lusinghiero e 'l dolce riso, Ch' alcun non è che non invidii altrui; Nè il timor da la speme è in lor diviso. La folle turba de gli amanti, a cui Stimolo è l'arte d'un fallace viso, Senza fren corre e non gli tien vergogna, E loro indarno il capitan rampogna.

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LXXIV.

Oh come il volto an lieto, e gli occhi pregni Di quel piacer che dal cor pieno inonda, Questi tre primi eletti, i cui disegni La fortuna in amor destra seconda! D'incerto cor, di gelosia dan segni

Gli altri, il cui nome avvien che l'urna asconda; E da la bocca pendon di colui

Che spiega i brevi e legge i nomi altrui.

LXXV.

Guasco quarto fuor venne, a cui successe
Ridolfo ed a Ridolfo indi Olderico:
Quinci Guglielmo Ronciglion si lesse
E'l bavaro Eberardo e'l franco Enrico.
Rambaldo ultimo fu che far si elesse,
Poi fè cangiando, di Gesù nemico.
Tanto puote Amor dunque? e questi chiuse
Il numero de' diece, e gli altri escluse.

LXXVI.

D'ira, di gelosia, d'invidia ardenti
Chiaman gli altri fortuna ingiusta e ria;
E te accusano, Amor, che le consenti
Che ne l'imperio tuo giudice sia.
Ma perchè instinto è de l' umane menti
Che ciò che più si vieta uom più desia,
Dispongon molti ad onta di fortuna
Seguir la donna come il ciel s'imbruna.

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