Seguia la coppia il suo camin veloce; Ma terribile schiera han già davante De' selvaggi animai, varj di voce, Varj di moto, varj di sembiante. Ciò, che di mostruoso, e di feroce Erra fra 'l Nilo e 'l Mauritano Atlante, Par qui tutto raccolto: e quante belve L'Ercinia ha in sen, quante l' Ircane selve.
Ma sì fero esercito e sì grosso
Non vien, che lor rispinga, o che resista, Anzi (miracol nuovo) in fuga è mosso Da un picciol fischio, e da una breve vista. La coppia omai vittoriosa il dosso Della montagna senza intoppo acquista: Se non che lor ritarda al fin vicino Delle rigide vie l'aspro camino.
Ma poichè già le spalle ebber varcate, Lasciando a tergo il discosceso e l'erto, Un bel tepido ciel di dolce state Trovár, e'l pian sul monte ampio, ed aperto: Aure fresche mai sempre ed odorate Vi spiran con tenor stabile e certo, Nè i fiati lor, siccome altrove suole, Sopisce, o desta, ivi girando il Sole.
Nè come altrove suol ghiacci, ed ardori, Nubi, e sereni in quelle piagge alterna ; Ma 'l Ciel di candidissimi splendori Sempre s'ammanta, e non s'infiamma, o verna: E nudre a' prati l'erba, all'erba i fiori, A'fior l'odore, a' rami l'ombra eterna: Siede sull'acque, e signoreggia intorno Le piagge, e i monti il bel palagio adorno.
La coppia all'erta cima omai salita Pronti aveva gli spirti, e 'l corpo lasso: Onde ne gian per quella via fiorita, Lenti or movendo, ed or fermando il passo: Quando ecco un fonte, ch'a bagnar invita Le labbra, alto cader da un vivo sasso, Con larghissima vena, e con ben mille Vaghi giri spruzzar l'erbe di stille.
Ma tutta insieme poi tra gli olmi e i faggi In profondo sentier l'acqua s'aduna, E sotto l'ombra di perpetui maggi, Mormorando sen va gelida e bruna : E pura, e chiusa al trapassar de' raggi, Senza celare in sè vaghezza alcuna, E sovra le sue rive alta s'estolle L'erbetta, e vi fa seggio fresco e molle.
Ecco il fonte del riso, ed ecco il rio, Che mortali perigli in sè contiene. Or qui tenere a fren nostro desio, Ed esser cauti molto a noi conviene: Chiudiam gli orecchi al dolce canto e rio Di queste del piacer false Sirene: Così (diceva Araldo) al chiaro gorgo N'andremo, ove l'insidie or tese io scorgo.
Quivi di cibi preziosa e cara
Drizzata è l'ampia mensa in verdi rive; E scherzando vedean per l'acqua chiara Due donzellette garrule e lascive, Ch'or si spruzzano il volto, or fanno a gara Chi prima a un segno destinato arrive: Si tuffano talora, e'l capo, e'l dorso Scoprono alfin dopo 'l celato corso.
Mosser le natatrici ignude e belle
De' duo guerrieri alquanto i duri petti; Sicchè fermarsi a riguardarle; ed elle Seguian pure i lor giuochi, e i lor diletti. Ma l'una intanto candide mammelle,
E tutto ciò, che più la vista alletti,
Mostrò, da' fianchi insuso, ignudo al cielo : Fean quasi l'acque all'altre parti il velo.
Qual mattutina stella esce dell' onda Rugiadosa e stillante, o come fuore Spuntò, nascendo già, dalla feconda Spuma dell' Ocean, la Dea d'Amore : Tal'apparve costei, tal crespa e bionda Chioma stillava il cristallino umore: Poi girò gli occhi, e pure allor s' infinse Que' duo vedere, e in sè tutta si strinse.
La chioma allor sull' aurea testa accolta, Con un bel nodo ella repente sciolse, Che lunghissima in giù cadendo e folta, D'un vello d'oro il molle avorio involse. O che leggiadra vista agli occhi è tolta! Ma non men vago fu chi lor la tolse; Così dall'acque e da' capelli ascosa, A lor si volse lieta e vergognosa.
Rideva insieme, e insieme ella arrossia, Ed era nel rossor più bianco il riso, E nel riso il rossor, che le copria Insino al bianco mento il chiaro viso. Mosse la voce poi sì dolce e pia, Che fora ciascun altro indi conquiso : O fortunati peregrin, cui lice Giungere in questa sede alma, e felice.
Questo è il porto del mondo, e qui è il ristoro Delle sue noje, e quel piacer si sente, Che già senti ne'secoli dell' oro
L'antica e senza fren libera gente.
L'arme, che insino a qui d'uopo vi foro, Potete omai spogliar securamente, E sacrarle in quest' ombra alla quiete; Chè guerrieri qui sol d'Amor sarete . E dolce campo di battaglia il letto
Fiavi, e l'erbetta de' più verdi prati; E noi merrenvi anzi'l regale aspetto Di lei, che qui fa i servi suoi beati, Che v'accorrà nel bel numero eletto Di quei, ch' alle sue gioje ha destinati; Ma pria la polve in queste acque deporre Vi piaccia, e 'l cibo a quella mensa or torre.
L'una disse così; l'altra concorde
L'invito accompagnò d'atti, e di sguardi ; E come al suon delle canore corde S'accompagnano i passi or lenti, or tardi. Ma i cavalieri hanno indurate e sorde L'alme a quei vezzi lor vani e bugiardi : E'l lusinghiero aspetto, e 'l parlar dolce Di fuor s' aggira, e solo i sensi molce.
E se di tal dolcezza entro diffusa
Parte si sparge, ond' il desio germoglie; Tosto ragion, nell'arme sue rinchiusa, Sterpa, o recide le nascenti voglie. L'una coppia riman vinta e delusa, L'altra sen va, nè pur congedo toglie. Essi entrar nel palagio, elle nell'acque : Cotanto l' esser vinte a lor dispiacque.
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