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Se giustamente si lagnarono e tuttora si lagnano i posteri di Racine che l'indignazione contro gl'ingiusti ed iniqui censori della Fedra, abbiano fatto per dieci anni interi tacere la Musa

Poema in prosa Francese, tradotto da un personaggio de' più eccellenti, com' egli dice, del suo tempo, ha dovuto sì per la bellezza del Poema, come per l'instanze, che gliene faceano i Francesi, porlo sotto il torchio; non già seguendo l'esemplare per l'addietro impresso, ma sopra una novella copia del tutto cambiata e riveduta dall'Autore, inviatagli da Roma ec. E promette di stampare in fine alcuni Canti di questo Poema in versi Italiani e Francesi: il che non so, se poi abbia fatto. Questa edizione è rarissima e stimatissima: poichè ben sapete, che ella fu condannata e suppressa con Decreto del Parlamento di Parigi del dì primo Settembre 1595 a riguar do principalmente di XVIII. versi posti quivi a cart. 270 nel libro XX. come versi, dice il Decreto, contenenti sentimenti contrarj all' autorità del Re, e al bene del Regno, e come infamatorj del defunto Re Arrigo III., e dell' allora regnante Arrigo IV. non ancora ammesso in quell'anno al grembo della S. Romana Chiesa, e non ancora assoluto dalle censure. Di questo Decreto parla il Dupin nel suo trattato De la Puissance Ecclesiastique et temporelle, impresso nel 1707 in 8., ma si trova distesamente inserito a carte 154 e 155 del Tom. I. del libro intitolato Preuves des Libertez de l'Eglise Gallicane, della seconda accresciuta impressione fatta in Parigi per Bastiano e Gabriello Cramoisy 1651 in fogl. I versi accennati si leggono al C. XX.stanz. 75, 76, e 77, e dovettero sembrar pericolosi al Parlamento, attese le scissure, che allor tenevano agitato quel fioritissimo Regno. L'esemplare, posseduto dal Serassi di questa pregiatissima edizione, fu già di Claudio Espelly Presidente del Parlamento di Grenoble, Giureconsulto illustre, e non ignobile

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di quello straordinario Scrittore (4), con egual ragione ci dobbiamo lagnare noi che la compiacenza per gl' inetti critici della GERUSALEMME LIBERATA, abbiano fatto perdere tanti belli anni al Tasso nell' intarsiare la CONQUISTATA.

Alle molte e crudeli sventure, che lo colpirono, mancava pur questa; di mostrarsi cioè mal sicuro di se medesimo, e della sua gloria; onde colle proprie mani demolire le parti più belle di quel mirabile edifizio: e, qua e là togliendone i lucidi marmi, riempierne i vuoti di sassi e di calce.

Questo è il bel vanto, che dell'opera lor tenebrosa ritrassero i malaugurati censori del Tasso (5)! E poichè pare, che a dispetto di sì

gran

Poeta Francese, leggendovisi nel frontispizio: Des livres de Claude Expilly 1595. Questi fu uno de' più grandi ammiratori del Tasso, e confessa egli medesimo scrivendo al Vescovo Tommasini, che hujus auctoris scripta ita me juvenem devinxerunt, ut olim totum Gofredum memoria tenuerim. Veggasi il suo elogio tra quelli di esso Tommasini part. 2 pag. 79 e segg.

(4) Ved. la Vita.

(5) Odasi come nel Maggio 1581 (3 interi anni prima che uscissero le Chiose dell'Infarinato al Dialogo del Pellegrino, che diedero il principio alle Controversie) scrivesse a Diomede Borghesi, Alberto Lavezzola Veronese.,, Il libro

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del Tasso (la G. L.) è stato inviato a Verona. Comincia ,, egli qui a perdere della primiera fama e reputazione: e, ,, per usare una conveniente traslazione, sopra una lenta ,, testuggine cerca di aggiungere l'Ariosto, che sopra un valentissimo barbaro corre. L'ho detto, e mi offero », sempre di renderne la ragione, non per malivolenza

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VII

de esempio, e delle grida incessanti della filosofia e della morale, non siane diminuita in Italia la razza; coloro, i quali animosi abbastanza si sentono per calcare grandi orme sul Parnasso, saranno sopra ogni altra cosa ambiziosi di ottenere il suffragio di quelli, ai quali intendeva di piacere il Tasso. Dotati di gusto, forniti d'istruzione, e di criterio, e col cuore che risponde alle ispirazioni della mente, sono essi i giudici naturali delle opere d'imitazione, poichè nelle loro sentenze traviati non sono nè dalle massime della scuola, nè dalle lusinghe dell' invidia.

Questi riflessi, gentilissimo Sig. Marchese, mi hanno indotto a intitolarvi la GERUSALEMME CONQUISTATA. E se tutti coloro, che intimamente vi conoscono, faran plauso alla mia scelta, tutto vostro ne sarà il vanto, la compiacenza, e la gloria.

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Pisa, 10 Ottobre 1822.

(ch'io amo tutti i virtuosi) ma per vero dire. Perchè nella favola, se ben è fatta d'una sola azione, è convenevolmente tessuta e disposta; nè le introdotte persone osservano il decoro, nè le peripezie e conoscimenti son fatti secondo l' arte; nè le forme del dire hanno del ,, grande e dell eroico; i versi sono scabrosi, le figure af,, fettate, e le rime tolte a pigione, o mal collocate, et infine l'ordine e tessitura del dire tutta perturbata e confusa

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ALL'ILLUSTRISS. E REVERENDISS.

IL SIGNOR

CINTIO ALDOBRANDINI

CARD. DI SAN GIORGIO

PADRONE E BENEFATTORE

ILLUSTRISSIMO E REVERENDISSIMO SIGNORE

Convenivasi alla veramente Eroica virtù di V. S. Illustrissima immortale onore: e ragion era, che quella gloria, che la gentilezza del nascimento, la nobiltà dell' educazione, l'altezza degli studj, lo splendore della dignità, la strettezza del sangue col Cristiano Monarca, e finalmente tanti proprj valorosissimi gesti, stati non forano a perpetuarle bastevoli; risuonasse per tutti i secoli nella più chiara tromba, che giammai si sia udita. Quinci pose la Divina Providenza in cuore al Sig. Torquato, Tasso, sin al

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