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CONGREGARONO LE ACQUE IN UN LUOGO, E LA TERRA APPARVE,E PRODUsse le erbe E LE PIANTE CO'FRUTTI.

ARGOMENTO

Dall'attenzione, che si mostra a'vani piaceri, argomenta doversi considerare le opere divine. Descrive la disposizione del cielo, della terra, dell'aria e dell'acqua: la congregazione delľ acque, lo scoprimento della terra, il corso di quelle al basso; quali sieno nocive, e quali salutifere; e dichiara che fu necessario il comando divino allo scender loro. Esplica il flusso e riflusso del mare, il quale dice non essere uniforme in tutti i luoghi. Narra varie opinioni della causa di tal movimento; e diverse forme dei seni di mare, che non è mai quieto; e conclude la cagione esserne il precetto di Dio, come anco dello scaturir dei fonti, dell'uscita e ritorno delle acque al mare, e che quello non trapassi i suoi confini. Descrive la terra

prima che fosse scoperta: dice che alle acque furono da Dio stabilite le rive, e riprova un' opinione contraria. Rassomiglia l'acqua nella sua adunanza e divisione al fuoco e all'aria: descrive molti laghi, e le loro condizioni e proprietà: dice le opere di Natura essere opere di Dio: assegna il luogo dell' elemento dell' acqua, e prova un solo essere il mare, e tutti i mari congiungersi in uno. Dice che la terra fu detta arida, perchè l'aridezza è sua proprietà. Narra come Dio si compiacque del mare, e l'approvò: per quali cagioni sia bello, e l'espone con allegoria. Pone il comandamento di Dio che la terra germogli e produca, e l'esecuzione: riprova l'opinione che di ciò fosse causa il Sole. Dichiara onde nascano le piante, e come per esse la terra apparisca bella. Rassomiglia la vita umana al fieno. Dice la terra produrre anco piante mortifere, nè ciò esser male, anzi trarsene utile, ed esserne principio Dio, il quale senza impedimento ha prodotte tutte le piante, molte delle quali egli enumera; e dice alcune esserne sterili, altre feconde, e molte non utili servire a diversi artificj. Tocca varie loro condizioni, e maraviglie: insegna la cultura di alcune: ragiona delle fruttifere, e d'alcune loro proprietà, e le applica moralmente. Tratta di alcune, da cui stillano liquori, e conclude che dalle qualità loro si deve considerare la possanza e la perfezione di Dio, il quale comandò che la terra le producesse, e fu obbedito.

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opre

Sono città del suo valor superbe,
E di bellezza, e d'arti varie e d'
Meravigliose, e d'edificj eccelsi,
Od onorate pur di gloria antica;
Che dal nascer del giorno al Sol cadente,
E talor anco insin che gira intorno
La fredda notte 'l suo stellato carro,
Empion di turba lieta e di festante,
Piazze, campi, teatri adorni, e logge,
Ove a' diletti varj intende, e passa
L'ore del dì fugaci, e le notturne
Lunghe, ed algenti, e nel volar del tempo
Pur se medesma volontaria inganna.

Altri dall'apparente, e vana fraude
D'arte fallace, ond' è schernito 'l senso,
Deluso pende, e ne' prestigj incerti
Meravigliando quasi 'l falso afferma.

Ed altri all'armonia di varj accenti, O pure al dolce suon di cetra, o d'arpa, Che l'alme acqueta, e i cor lusinga e molce, E gli tien lieti, o mesti in varie tempre, Oblia le cure. Altri carole e balli Lieto rimira; e d'impudica donna, Che 'n varie guise, e quasi 'n varie forme Le pieghevoli meinbra e muove, e cangia, Mira i lascivi salti, e i modi, e l'arte, Lusinghieri e vezzosi e parte agogua

O dove splende pur dipinta scena
Di colori, e di lampe, e quinci innalza
Gli archi e le mete, e 'ntorno a' sacri tempj
Con marmorei giganti alte colonne,
Piange i casi d' Edipo, o di Tieste;
E 'n finto cielo il finto Sol gli appare
Tornar turbato addietro in mezz' al corso:
O con Davo, o con Siro allegro ride
Degli scherniti vecchi i falsi inganni.

Altri i destrier feroci, e pronti al corso,
A destra, ed a sinistra in giro volti
Riguarda, o'n chiuso arringo, o'n largo campo
I simulacri pur d'orrida guerra,

Al chiaro suon della canora tromba, Contempla, e de' guerrier l'insegne e l'arme, E lor virtù con lieti gridi esalta.

Ma noi, che 'l Re del ciel, Fattore, e Mastro D'opre meravigliose, invita e chiama A contemplare 'l magistero e l'arte Divina, e questo sol lavoro adorno, Ch' è di cose celesti, e di terrene Con sì diverse tempre in un conteste; Sarem pigri a mirarlo? o pur languenti Ascolterem, come l'eterno Fabro Fè di sua man le meraviglie eccelse? E non più tosto, rimirando intorno Questa si varia, e sì mirabil mole, Ciascun per sè colla sua mente indietro Ritornerà, pensand' al primo tempo, Ch'ebbe principio 'l tempo, e'l nuovo mondo? In guisa di gran volta il ciel ricopre Le somme parti, e gli stellanti chiostri; Onde con tante faci altrui risplende

Questo sacrato a Dio terreno tempio.
E 'n se medesma si riposa, e fonda
La gravissima, vasta, e rozza terra:
E l'aer vago si diffonde intorno

Tenero, e molle, in cui non trova intoppe
Chi si muove per lui, sì pront' ei cede,
E ch'altr' il fenda di leggier consente.
Senza contesa egli si sparge a tergo,
Umido nodrimento a chi respira
Porgeudo, o dolce refrigerio intorno :
Tant'è l'aere amico al vago spirto.
L'acqua ancor nutre; ed opportuna agli usi
Della vita mortal del mondo immondo
Ordinata lor fu dal Padre eterno;
Ma non contenta già d'incerta sede,
Ebbe termine proprio, e certo loco
Tra suo'certi confini, in cui s'accolse
Ubbidiente, e ragunossi insieme
Al comandar della divina voce.

Disse 'l gran Dio: L'acqua, ch'è sott' al cielo
In una ragunanza omai s'accoglia,
Perchè l'arida fuore indi si veggia:
E così fatto fu. L'acqua repente,
Ch' è sott'i giri del sereno cielo
Nelle sue ragunanze allor s' accolse,
Onde veduta fu l'arida parte;
E l'eterno Fattor per proprio nome
L'arida chiamò Terra; e l'acque ondose
Mare nomò negli ampj spazj accolto.
E come suol talor ceruleo velo,
Che gran teatro ricoprendo adombri,
Quinci, e quindi ritratto in sè raccorsi,
E discoprir della dipinta mole

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