Графични страници
PDF файл
ePub

Padre del Cielo, e tu del Padre Eterno
Eterno Figlio, e non creata prole,
Dell' immutabil mente unico parto;
Divina immago, al tuo divino esempio
Egual; e lume pur di lume ardente:
E tu, che d'ambo spiri, e d'ambo splendi,
O di gemina luce acceso Spirto,

Che se' pur sacro lume, e sacra fiamma,
Quasi lucido rivo in chiaro fonte,

E vera immago ancor di vera immago,
In cui se stesso 'l primo esempio agguaglia,
(Se dir conviensi) e triplicato Sole,

Che l'alme accendi, e i puri ingegni illustri:
Santo don, santo messo, e santo nodo,
Che tre sante persone in un congiungi :
Dio non solingo, in cui s'aduna 'l tutto,
Che 'n varie parti poi si scema, e sparge:
Termine d'infinito, alto consiglio,
E dell'ordine suo: Divino Amore,
Tu dal Padre, e dal Figlio in me discendi,
E nel mio core alberga; e quinci, e quindi
Porta le grazie, e 'nspira i sensi e i carmi,
Perch'io canti quel primo, alto lavoro,
Ch'è da voi fatto, e fuor di voi risplende
Maraviglioso, e 'l magistero adorno
Di questo allor da voi creato mondo,
In sei giorni distiuto. O tu l'insegni,

Che 'n un sol punto chiudi i spazj, e'l corso,
Che per oblique vie sempre rotando
Con mille giri fa veloce il tempo.

Piacciati ancor che del tuo foco all'aura
Canti 'l settimo dì, soave e dolce

Riposo eterno, in cui prometti, e rendi
Non pur sedi lucenti, e gioja e festa;
Ma di breve, terrena, incerta guerra
Alfin certe lassù corone e palme,
E trionfo celeste. O pure intanto
Questa quiete, in cui m'attempo, e piango
(Se quiete è quaggiù fra 'l pianto e l'ira)
Somigli quella, a cui n' invita, e chiama
D'infallibil promessa alta speranza,
Ch'al suon d'eterna gloria 'I cor lusinga.
Tu le cagioni a me del nuovo mondo
Rammenta omai, prima cagione eterna
Delle cose create innanzi al giro
De' secoli volubili e correnti.

E qual pria mosse Te, cui nulla move,
alla mirabil opra,

Motor superno, alla mirabil

Già novissima esterna, omai vetusta,
Che tutto aduna, e tutto accoglie 'n grembo;
E serba ancor le prime antiche leggi,
Mentre risplende pur di luce, e d'oro,
E di varj colori, e varie forme
Mirabilmente figurata a' sensi.
Dimmi, qual opra allora, o qual riposo
Fosse nella divina e sacra mente
In quel d'eternità felice stato.

E 'n qual ignota parte, e 'n quale idea
Era l'esempio tuo, celeste Fabro,
Quando facesti a te la reggia, e'l tempio.

Tu, che 'l sai, tu 'l rivela: e chiare e conte,
Signor, per me fa' l'opre, i modi, e l'arti.
Signor, tu se' la mano, io son la cetra,
La qual mossa da te, con dolci tempre
Di soave armonia risuona, e molce
D' adamantino smalto i duri affetti.
Signor, tu se' lo spirto, io roca tromba
Son per me stesso alla tua gloria; e langue,
Se non m'inspiri tu, la voce e 'l suono.
Tu le tue maraviglie in me rimbomba,
Signore: e fia tua grazia 'l nuovo canto;
Perchè non pur s'ascolti in riva al Tebro,
Al bel Sebeto, all'Arno, al Re de' fiumi,
Al Mincio, al Brembo, al Ren gelato, all' Istro;
Ma dove 'l Nilo i suo' vicini assorda.
E quei, che fa più sordi errore, e colpa,
Desta per tempo, o tardi a'sacri accenti.

Pria che facesse Dio la terra, e 'l cielo,
Non eran molti Dei, nè molti Regi
Discordi al fabbricar del nuovo mondo.
Ne solitario in un silenzio eterno
In tenebre viveasi 'l sommo Padre;
Ma col suo Figlio, e col divino Spirto
In se medesmo avea la sede, e 'l regno;
De'suo' pensati mondi alto Monarca .
Perch' opra fu 'l pensier divina, interna,
Nè d'uopo a lui facean le schiere, e l'armi,
Ne teatro alla gloria, in cui risplende
Solo a se stesso, e parte altrui s' involve.
Ma narrar non si può, nè 'n spazio angusto
Cape dell' intelletto umano, e tardo,
Come 'n se stesso, e di se stesso 'l Verbo
Generasse ab eterno; e 'l sacro modo

Di sua progenie; e l'ineffabil parto
Del suo Figliuol, che 'n maestà sublime
A se medesmo adegua assiso a destra.
Taccia l'antica omai Grecia bugiarda
La progenie di Celo, e di Saturno,
E de' cacciati Dei le tronche parti ;
Ei Giganti, e i Titani al fondo avvinti
Della Tartarea, tenebrosa notte;

E gli usurpati seggi, e 'l figlio ingiusto
Contaminato dal paterno oltraggio;
E quella, che dal capo ei fuor produsse,
Dea favolosa, e collo scudo e l'asta;
E con Osiri, e col latrante Anubi
Taccia i suo' mostri il tenebroso Egitto,
Che d'antiche menzogne 'l vero adombra.
O(se n'è degno) il chiaro suono ascolti
Di lei, ch'uscio dalla divina bocca
Dell' altissimo Padre innanzi al tempo
Delle cose create, e seco alberga
D'antica eternità gli eccelsi monti ;
Primogenita sua nell'alta luce,

A cui la mente umana aspira indarno.
Questa nata di lui figliuola eterna
Sempre fu seco, e 'l raggirar de' lustri
Non l'è vicino, o 'l varíar degli anni.
E non erano ancor gli oscuri abissi,
Ne rotto avean la terra i primi fonti,
Quando fu conceputa ; e l'erto giogo
Non alzavano ancor Pirene, ed Alpe,
Ossa, Pelio, ed Olimpo, e 'l duro Atlante,
O gli altri monti; e dall' aperto fianco
Non correan ondeggiando al mar i fiumi
Dalle quattro del mondo avverse parti,

Quando lei partoriva I sommo Padre.
Seco era allor, ch'a' ciechi abissi intorno
Egli facea l'oscuro cerchio, e 'l vallo.
Seco era allor, che 'n ciel le stelle affisse,
E l'acque sue librando appese in alto.
Seco era allor, ch'all' Ocean profondo
Termine pose, e diè sue leggi all'onde.
E quand' ei collocò dell'ampia terra
I fondamenti, era pur seco all' opre.
Seco 'l tutto fornio di giorno in giorno,
Quasi scherzando; e fu l'oprar diletto.
Ma questa fatt' avea l'aurato albergo
Di chiare stelle, e d'oro adorno, e sparso,
Alla creata Sapienza, e 'n parte

Lei dell'eternità felice e lieta.

Ma quell'albergo in disusate tempre
Per sua natura si trasmuta, e cangia:
E nel suo variar già quasi algente
Pur diverrebbe ottenebrato in parte;
E qual caduca, e ruinosa mole

Vacillar già potria; però s' appressa,

E giunge a lui, che gli è sostegno, e 'l folce,
E tutto del su'amor l' illu stra, e' nfiamma
Talche non si dissolve; e non paventa
Morte, o ruina mai, nè caso, o crollo
Per vicenda di tempo, o per rivolta:
Benchè pur d'Ission la ruota, e il pondo
Del Mauritano stanco altri racconti.

Ma 'n lui s'acqueta, e 'n contemplar s'eterna
La celeste magion, che 'n sè n' accoglie.
E quella da principio, a Dio presente,
Pria ch'ei facesse 'l suo lavoro adorno,
Seco era nel principio allorch' ei volle

« ПредишнаНапред »