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una ne abbreviò con qualche stravaganza. Diss'egli in una canzone cre per credere:

Come cre' che Fabbrizio

Si faccia lieto ec.(1).

E nell'istessa canzone si legge accorciato il verbo chiedere, dicendo:

Ti chier mercè da tutti i sette colli.

Sopra i cui luoghi, benchè potrei alcuna cosa apportare, non mi diffondo, mentre accortamente furono osservati dal Muzio. Pur io ho notato nel poeta medesimo com' detto per come:

Com' perde agevolmente in un mattino (2); avendo seguito in questo i più antichi, a cui era famigliare l'usarlo, Pier delle Vigne, a tutti noto e per la sua dottrina, e per la grande autorità che si acquistò in tempo di Federigo II imperadore, di cui questa patria mia va gloriosa, ed io porto vanto per lo congiungimento del sangue che ha la mia casa con famiglia così illustrissima; in una canzone, cui ci siamo compiaciuti aggiugnere alcune chiose per intendimento de' curiosi, va dicendo:

a

Ch' eo dico, ahi lasso mene! com faraggio (3)? Nè bisogna dire che la necessità del verso a questi accorciamenti tirasse quegli scrittori ; poichè niuna strettezza, ma un vero uso di scrivere a ciò loro indusse; il tutto potendosi conoscere dalle composizioni di cento degnissimi scrittori di prose, vedendosi anche in esse l'istesso modo infinite volte usitato. E per non perdere più tempo in apportar molti esempli, che frequenti se ne hanno, ne dirò solo uno del Boccaccio, come di cui può essere sufficiente l'autorità per comprobare cose di nostra lingua. Disse egli ca' per casata. Madonna Lisetta da ca' Quirini (4); seguito dal Villani, che disse: A insegnare i fanciulli da ca' Quirino (5). Pur Dante si servi di ca* per casa:

E riducemi a ca* per questo calle (6),

(1) Petrarca, c. 11, (2) Sonel, 230. (3) Pier delle Vigne, canz. Scelta di Rime. (4) Boccac, Novel, 32, (5) Villani, Istor. (6) Dant. Inf. c. 15,

Quindi chiaro si scorge non esser meritevole di censura il Tasso nell' accorciamento me, come viene notato.

OPPOSIZIONE X.

(St. 56.) « Se non se in quanto, oltr ̊a sei miglia, un bosco »

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Non ho mai osservato ne'buoni scrittori questo modo di dire se non se: e quanto sconvenevole sia, oltre al non essere usato, ben da se stesso si conosce. Qual buon suono potrà mai partorire nel verso la duplicazione del se?

RISPOSTA

Se non se è l'istesso, che dire eccetto o fuori: nè è maniera tanto disusata, quanto il nostro critico si crede. Disse il Petrarca:

Se non se alquanti, c'hanno in odio il Sole. Ed in questo luogo del Tasso, a mio sentire, non solo sconvenevole non si rende; ma forma il verso molto leggiadro e corrente, contro l'opinione del censore. Circa il duplicar le voci mi resta molto da dire; ma si riserba da me ad altro luogo. Per ora basterà conoscere non avere errato il Tasso, nè altri più moderni, che l'hanno usato anche nelle prose.

OPPOSIZIONE XI.

(St. 62.) « Non è chi tesser me bellico frodo ».

me'.

Ritorna ad inciampare nell' accorciamento me Pur qui noto di vantaggio la voce frodo, come non solita ad essere usata da' buoi scrittori, sapendosi bene che fraude, frode, e talor froda sia in uso di dirsi ; se pur non vogliam dire che nelle prose, in cui più sta in osservanza la nettezza della lingua, solo fraude possa essere ammessa, essendo l'altre due tutte del verso; ma nè in verso, nè in prosa fro

do si dice. E se fu ripreso dal Muzio il Castelvetro, che avesse detto dota, dir dovendosi dote; a ragione dee riprendersi il Tasso, avendo detto frodo, e non frode o froda, mutando il genere a questo nome, non che il suono.

RISPOSTA

Molti nomi da'buoni scrittori della nostra lingua usati si veggono ora con terminazione di maschio, ora di femmina: e quantunque nell'uscita inutino altresì il genere, non perciò nel significato nulla perdono. E perchè bene spesso per comodità della rima i nostri poeti gli usarono di cambiare, a creder si dà taluno facilmente, che piuttosto siano da biasimarsi come licenziosi, che da imitarsi come regolati il che non è vero, venendo chiamati questi nomi eterocliti, cioè che nel torcersi e nel variarsi vanno diversi. Tre ne assegnò di specie il Ruscelli (1); e fra le altre vi annovera quella de'nomi, che hanno doppia terminazione ed un solo significato, come lode, loda, lodo; e così frode, froda, frodo, e cento altri che dall' istesso Ruscelli vengono registrati. Io lascerò qui di apportare tutte le specie di questi nomi eterocliti, si perchè non intendo io di trattar generalmente delle cose della nostra lingua; ma solo di rispondere a ciò che viene notato di errore nel Tasso; sì anche perchè di questi nomi appieno da' maestri della lingua si discorre ne' loro libri. Ed il Salviati (2) molte cose particolari andò su questa materia diligentemente notando. Basterà adunque ch'io solamente faccia vedere che da molti buoni scrittori, così di rima, come di prosa, assaissimi di questi nomi siano stati usitati: e credo, per uscir dall'uso comune, e perchè la nostra favella conoscendo scarsissima di vocaboli, arricchir la vollero di nuove voci. Il Boccaccio disse dimando per dimanda: Vi prego, ch' util consiglio ch'util

(1) Ruscelli, Coment.libro 2, cap. 13.(2)Salviati, Avvert. lib. I, car, 15.

vol.

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diate a'miei dimandi (1). E se n'era servito nel verso prima di lui Dante:

Questa chiese Lucia in suo dimando (2). E lo stesso poeta si servi parimente di lodo:

Che visser sanza infamia, e sanza lodo (3). La cui voce usata si trova in molte prose d'approva ti scrittori, di cui gli Accademici della Crusca nel loro Vocabulario apportano più d' uno esemplo. Pur fu così famigliare a Dante il mutar genere a tali nomi, che sino candelo disse in vece di candela:

Per far disposto a sua fiamma il candelo (4). ᎠᎥ questa stessa specie parmi che sia dimoro, detto per dimora bene spesso da Giovanni Villani nelle sue storie; come quando disse: per lungo dimoro (5). Ed anche Matteo suo fratello più volte disse biado per biada, come: Il biado costava il ruggio da lire quattro. Ed indi appresso: Tanto che l grano e'l biado fu fuori di campi (6). Dire adunque possiamo, che del modo stesso sia preghiero per preghiera usato dai moderni, e frodo posto dal Tasso. Nè si dia il nostro censore a credere, che senza gli esempli degli altri egli se ne servisse; perciocchè in tal genere più d'uno scrittore ha usato questo nome. Così l'Ariosto nel suo Furioso:

Perchè virtute usar volse, e non frodo (7). E nelle storie del sopraccitato Villani più volte questa voce si trova, per conoscere che non solo della rima, ma della prosa altresì sia questa voce. Dic’egli: sagacemente, e con frodo (8) ec. Il che venendo osservato da Giacomo Pergamino, questa voce a'poeti concede nel suo Memoriale, come voce ammessa da' più buoni scrittori di nostra lingua. Ed il Tasso, che forse tuttociò egli ancora ben osservato avea, più volte volle servirsene: come nel canto ottavo della sua Gerusalemme alla stanza 79, nel can

(1) Boccac. Filocolo (2) Dante, Inf. can. 2. (3) e can. 3. (4) Parad. can. 30. (5) Gio. Villani, Ist. lib. 1, cap. 55. (6) Matteo Vill. lib. 1, cap. 56. (7) Ariosto, cant. 8. (8) Gio. Vill. lib. 8, cap. 58.

to decimonono alla stanza 89, ed altrove; conchiudendo che senza taccia d'errore potesse egli ciò fare. E mostrossi troppo rigido il Muzio in riprendere il Castelvetro che avesse detto dota; perciocchè dote e dota trovasi scritto ne' buoni autori. Disse il Boccaccio: E quello, che stato fosse suo, le dessi in dota (1) ec. E ciò può vedersi nel Vocabolario della Crusca chiaramente.

OPPOSIZIONE XII.

(C. 4. St. 9.) « Spinse il gran caso in questa orribil

chiostra ».

Par che il Tasso volesse mutare i generi de' nomi a suo capriccio e se nel luogo antedetto mutò il femminile in maschile, nella voce chiostra in questo verso ha cambiato per lo contrario il maschile in femminile.

RISPOSTA

E questo parimente è del numero di que' nomi, da me poco dianzi accennati: e gli Accademici della Crusca, dai quali vien data vera regola nelle voci della nostra lingua, non gli vollero dare esclusiva dal loro vaghissimo Vocabolario. Poichè siccome si mutò il genere femminile in quello del maschio; così si fece per lo contrario, cambiando genere al maschio in quello di femmina. Dante mutò genere maschile al nome costume, dicendo co

il

stuma:

E Niccolò, che la costuma ricca

Del garofano al mondo discoperse (2);

seguito dall' Ariosto:

A

provar mena lor costuma ria (3).

E di tal modo cento volte, non solo dai poeti, ma

(1) Boccacc. giorn. 5, novel. 5. (2) Dante Inf. can. 29. (3) Furioso, can. 37.

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