Графични страници
PDF файл
ePub

si

no, come imperio, da cui togliendosi l'ultimo i, viene a dire impero. Così emisperio, emispero; memoria, memora; materia, matera; monisterio, monistero, e con questi compagnia, compagna; infamia, infama, e altre: e così guarda per guardia, usata dal Tasso. E ciò fecero gli scrittori per servirsi della figura chiamata da' Latini Syncopa, che altro non è, se non un toglier di mezzo le parole qualche lettera: ed è stata questa figura spesso usata da' nostrali poeti, per agevolarsi il verso ad uso de Latini, a cui fu famigliare l'usarla. Nè starò io ad apportar molti esempli, perchè troppo starei a bada, trattenuto in cosa di cui basta semplicemente averne chiarezza. Dissesi infama per infàmia da Guittone d'Arezzo:

In ciò, che a lei giammai recasse infama (1). E guido Cavalcanti disse anche memora per me

moria:

In quella parte dove sta memora (2).

Così Dante in una canzone disse lado per laido:
Perch' è a dire lado (3).

E più volte nella sua divina Commedia usò di porre
simili voci. Disse matera per materia:
Perocchè forse appar la sua matera
Sempre esser buona (4).

E altrove parimente :

Veramente più volte appajon cose,

Che danno a dubitar falsa matera (5).

Nè schivarono quest'uso i prosatori. Al Villani furono troppo famigliari simili voci. Diss' egli vicaro per vicario: Vi lasciò per suo vicaro Guglielmo Canavio (6). Così anco salaro per salario: Ed elli con grosso saluro (7) ec. E si servi parimente di matera, usata da Dante nel verso: Tornando alla nostra matera (8). Così ancora d' infama per infamia:

(1) Guilt. raccolta di Rime. (2) Calvalc. Rime. (3) Dante, raccolta di Rime. (4) Purg. can. 18. (5) e can. 22. (6) Vill. Ist. l. 11, c. 97. (7) e lib. 15, c. 117. (8) e lib. 11, C. 129.

Questa è infama grande di mali cittadini (1). E tutto questo può bastare far , per conoscere che non fu senza la scorta di molti usata dal Tasso la voce guarda: nè è tanto sconvenevole, quanto l'oppositore la stima; essendovene di molte assai più barbare e stravaganti, delle quali puossi avere contezza nell' Ercolano del Varchi, il quale a sufficienza ne tratta. Dirò solo, che siccome gli antichi toglievano la lettera i da molte parole, siccome già ho dimostrato; così parimente a molte altre l'aggiungevano. E se alcuna volta dissero Alessandra per Alessandria, dissero anche Europia per Europa, fraile per frale, e altre simili, siccome anche venne notato dal Salviati, dicendo: E talora anche v'aggiugne una vocale senza altro discacciamento, siccome in Europia, e splendiente, che quasi sempre scrissero in quel buon secolo (2); apportandone cento altri esempli, che si tralasciano, sì per non essere a questo proposito, sì ancora perchè ne fa anche catalogo il Borghesi (3).

OPPOSIZIONE VIII.

(St. 14.)« Un Franco stuolo addur rustiche prede, «Che (come è l'uso) a depredar precorse; R Or con gregge ed armenti al campo riede: « Ella ver loro » ec.

Pone Franco stuolo nel numero del meno, e regolatamente l'accoppia colla terza persona singolare del preterito precorse: e poi, uscendo fuori di regola, dice: ella ver loro, volendo significare che Clorinda corse verso lo stuolo. E quantunque il nome stuolo sia collettivo, e completta numero di genti; niente di manco le regole della gramatica latina non sono somiglievoli all'italiane.

(1) Vill. Ist. lib. 12, c. 72.(2) Salv. Avv. vol. 1. l 3, c. 2, p. 22. (3) Borgh. Lett. dise.

RISPOSTA

Poco è stato inteso dall' oppositore i sentimento di questi versi del Tasso; perciocchè dicendosi dal poeta:

Or con gregge ed armenti al campo riede;

Ella ver loro ec.,

intendesi che Clorinda corse verso lo stuolo e la preda, che uniti insieme fanno il numero del più. Ma quando avesse anche inteso il poeta ver loro, cioè verso lo stuolo, non avrebbe; errato significando detta voce numero di più persone. Nè è vero, che questo modo sia ricusato nella lingua italiana, perocchè la nostra gramatica dalla latina dipende, come ben potrei dimostrare. Ma per non dilungarmi, con gli esempli proverò il tutto. Dice Giovanni Villani: Lo'ngrato popolo di Bologna nolľaveano a fare (1). Dove si vede popolo nel numero del meno, e aveano in quello del più. Così parimente l'istesso storico: E così furono morti e presi quasi tutta la detta infortunata compagnia. E questo dire, secondo il Salviati, è ornato (2) e domestico;e dagli esempli da lui addotti scorgesi essere usitatissimo nel parlar nostro.

OPPOSIZIONE IX.

(St. 26.) «Così me si vedrà, s'al tuo s'agguaglia ».

Quanto sia sconvenevole la paroletta me', posta qui (siccome credo) in luogo di meglio, ben fa conoscersi da se stessa essendo un troncamento di mol. to difetto; perciocchè viene a togliersene la maggior parte delle lettere, ed ha bisogno d'interpetre per intendersi.

(1) Vill. nell' Ist. (2) Salviat. Avvert. vol. 2, l. 1, c.2.

RISPOSTA

Molti troncamenti di voci io ritrovo, a' quali non si può in guisa alcuna ragion di regola assegnare; ma stimo che siano stati fatti dagli scrittori, secondo i proprj capricci, o pure secondo la necessità del verso, questi essendo per lo più i poeti. Nė si dia il censore a credere che il Tasso gli abbia usati senza l'esempio degli altri. Furono soliti alcuni antichi poeti di dire mei per meglio, siccome si vede in Buonagiunta da Lucca :

Perchè la gente mei me lo credesse (1).

E M. Cino da Pistoja :

Dunque sarebbe mei, ch'io fussi morto (2).

1 qua'luoghi vennero anche notati dal Bembo ne' suoi trattati di lingua (3). Furono poi di coloro, che togliendone la lettera i, si compiacquero di dir meˇ, del modo che di quelli, quei e que parimente si dice. Così fece Dante :

Sei savio, e intendi me, ch'io non ragiono (4). E volle seguitarlo il Petrarca:

Me'v'era, che da voi fosse il difetto (5) . Nè lo sdegnò Lodovico Ariosto:

Quanto me finger san pittori industri (6). Onde poi il Bembo stesso, che ne diede gli esempli, volle dopo costoro anch' egli servirsene per farci conoscere che ben fosse l'usarlo ne' versi:

Ed era il me', ch' io le foss ito avanti (7). Ho detto tuttociò, affinchè si accorga il nostro censore che non fu detto dal Tasso senza la scorta de primi poeti, che nella nostra favella scrivessero. Pure a maggior chiarezza, ed a soddisfazion de' curiosi soggiungo, che nella stessa guisa si disse dagli antichi fi per figliuoli, come dall'autorità di Dante si può chiaramente comprendere:

Per esser fi di Pietro Bernardone (8).

(1) Raccolta de' Poeti antichi. (2) Nell'istessa. (3) Bembo, Prose, p. 3.(4) Dante, Inf. c. 2.(5) Petr. c. 24. (6) Arios. Furioso,c. 7, st. 11.(7) Bembo, Rime.(8) Dante, Paradiso, c.11.

Nè può dirsi che ciò quel poeta facesse per necessità di verso, poichè ad uomo di sì alto ingegno mancar non potevano i modi di versificare senza storpiar le voci. Fu in questo modo usata questa parola sin dalla nascita della lingua italiana appo gli scrittori di que' tempi, e usavasi di dire fi Ridolfi, fi Giovanni, cioè a dire figliuoli di Ridolfo, figliuoli di Giovanni: e questo nelle prose altresì ho letto più volte. E per maggior difesa del Tasso recherò alcuni altri accorciamenti di voci, usati dagli scrittori, che assai più stravaganti rassembrano. Dissesi da Guitton d'Arezzo vo per voglia, che non molto differisce dal me detto dal Tasso, mancandoci l'istesso numero di lettere: Durar contra sua vo, contra suo stato (1). E si disse parimente da Dante uo per uopo:

Più non t'é uo, ch'aprirmi il tuo talento (2) (*). L'imperadore Federigo II, che imitò i poeti del suo secolo colla penna, in una canzone accorciò la voce sopra, e disse sor:

Valor sor l'altre avete (3).

La qual voce così tronca piacque ancora a'prosatori; onde Giovanni Villani disse: E'l sorpiù pagare denari (4). Quindi poi si usò questo sor in composizioni, dicendosi: sorciglio, sormontare, sorprendere, invece di sopracciglio, ec. E così parimente sorgiungere, che con vaghezza usù il Tasso medesino:

Quando nuova saetta ecco sorgiunge (5); avendo forse per guida Guido Cavalcanti, che prima avea detto:

Non può coperto star, quando è sorgiunto (6); il che poi si arrogarono i più moderni con molta vaghezza. Ma tornando alle parole, che vengono senza regola accorciate, dico che anche il Petrarca tal

(1) Ncelta di Poeti antichi . (2) Dante, Inf. c. 2,

(*) Nota che questa lezione non è legittima, mentre colla ediz. di Crusca, e colle antiche migliori, dee dirsi· Più non t'è uopo aprirmi ec. Ma quest' autorità di meno non scema la forza alle ragioni addotte. L'Edit. Pis. (3) Scelta di Rime antiche. (4) Kill. Ist. (5) Gerus.c.21. (6) Cavalc. Rime.

Controv. T. IV.

3

« ПредишнаНапред »