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e l'argento di Virgilio, in Torquato sembra fino e lucidissim' oro: tanta e così ammirabile è la dolcezza, con cui vien da Torquato condita e temperata la gravità e severità di Virgilio, ed accresciuto di vaghezza lo stile; siccome anco mitigata e ripresa la soverchia lunghezza di Omero: il qual nel vero, piuttosto per molta abbondanza di parole e ridondanti repetizioni, che con maravigliose invenzioni, aggrandi, o piuttosto allungò i suoi poemi. Oltrechè le molte minuzie (per così dire) e leggerezze di Omero (fossero o del tempo ed uso, o dell'ingegno istesso del poeta ) sono state da Torquato accortamente temperate o schifate; siccome potrà agevolmente riconoscer ciascuno, e come noi nel paragonarli mostreremo a suo luogo. Anzi chi andrà raffrontando la Gerusalemme liberata del Tasso coll' Italia liberata del Trissino, vedrà che niu

na

cosa ha maggiormente pregiudicato all'Italia liberata di questo diligentissimo imitator di Omero, che il non aver egli fuggite (quello che saggiamente ha fatto il Tasso) le tante minuzie e leggerezze, per non dir vanità e bassezze di Omero, per l'imitazioni delle quali non poteva l'italian poema riuscire se non freddo, e privo di grazia e decoro.

Ma perchè abbastanza per avventura si è mostrato, che il nostro Torquato nell'idea del perfetto capitano ed eroe meriti ampia lode, con restar di non poco superiore a Virgilio, e di gran lunga parimente ad Omero, sarebbe omai tempo di venire a più stretto paragone tra i predetti poeti eroici, passando a riconoscere e paragonar non solamente quel più che tuttavia appartenesse all'invenzione delle cose da ciascun di loro rappresentate, e (per dir in breve) all'azione e favola; ma ancora alla disposizione ed elocuzione, o pur anco seguendo l'ordine delle parti, nelle quali vien divisato da Aristotile l'eroico poema. Il che, Signori, con vostra buona grazia, giacchè per ora l'angustia del tempo non lo

!

e

permette, farò io altra fiata. E quand'anco non mi succeda di poter in un solo ragionamento spiegar quanto mi resta (chè ciò peravventura fia malagevole, forse anco impossibile), non dubito io ch'altri con miglior ingegno e prontezza, sebben coll' istessa guida, sia per supplire all'imperfetto mio, continuando fin' al fine si piacevole, dotto e nobile argomento. Ho detto.

DELL' ACCADEMICO NOMISTA

CHE IL TASSO NEL SUO GOFFREDO ABBIA CONSERVATA L'UNITA' DELLA FAVOLA MOlto meglio di OMERO E DI VIRGILIO E CHE INSOMMA NELL' INVENZIONE DEBBA ALL' UNO E ALL'ALTRO ANTEPORSI.

Gran saggio, s'io non erro, e ampia mostra abbia

mo dato dell'eccellenza e perfezione della Gerusalemme liberata, mentre s'è andato mostrando e provando, che in questa risplenda molto più nobile idea di perfetto capitano ed eroe, che nell' Iliade e Odissea di Omero, o nell' Eneide di Virgilio. Contuttocciò non pretendo io, che di qua frattanto altri conchiuda indubitatamente, che la Gerusalemme liberata sia e dell' Eneide, e dell' Odissea e dell' Iliade più perfetto poema, s'io non avrò inoltre mostrato, che il nostro Torquato non resti ad Omero o Virgilio inferiore in alcun'altra parte del suo poema, ma bene o superiore o eguale. E certo, non essendo cosa impossibile, che il Tasso abbia formato un capitano più perfetto d' Enea, ovver d'Ulisse e Achille, e nondimeno nell'elocuzione e stile, o nella disposizione e ordine sia stato men accurato e diligente, ed insomma inferiore ad Omero e Virgilio, o pur anco nell'invenzione dell' istessa materia (potendo peravventura divenire viziosa per molte e molte cause) e composizion della favola, si sia scoperto men giudizioso e accorto; senza dubbio fa di mestiero paragonar tuttavia questi gran lumí dell'eroica poesia, e riconoscerne l'ingegno e artificio in ogni parte. E questo è quello, che intendiamo di andar mostrando ne'seguenti discorsi; facendo prima chiaro, che Torquato abbia fatto elezione di

argomento e materia atta e capace a ricever forma di eccellentissima favola, anzi che il Goffredo con effetto abbia ricevuto eccellentissima forma, e tutti gli ornamenti che si possono in eroico poema desiderare; sicchè non solamente per la invenzione, ma per la disposizione, ovver ordine e perfezione delle parti, ed insieme per la locuzione e lo stile meriti il primo luogo.

E, per cominciar dall' invenzione della materia e azione, molte sono le condizioni le quali si ricercano, affinchè il poema ne riesca perfetto. Tra le quali va proponendo Aristotile nel primo luogo l'unità, volendo che la materia contenga una sola azione, ed insomma tale che poi una sola favola ne resulti. Così, ancorchè non possa il poema e l'istessa azione e favola non venir composta di molte parti, queste nondimeno debbono aver tra di loro tal corrispondenza e proporzione, che una nasca o dipenda dall' altra, e tutte insieme mirino ad un termine e fine. Laonde, come nell'animale sono varie e diverse parti, e nondimeno per la lor dipendenza e corrispondenza un sol animale ne risulta; così conviene che dalla moltitudine e varietà delle parti d'un'azione, una sola favola se ne costituisca e forini. Ed in ciò anco stimo io, che il nostro Torquato abbia senza dubbio superato Omero e Virgilio: in modo tale, che siccome li ha di gran lunga avanzati nel formare e proporci idea di perfetto principe e capitano, così li abbia parimente avvantaggiati non poco in eleggere argomento e materia di una sola azione, e donde sia derivata, e si sia ottimamente conservata tale unità di favola. E questo appunto è quello che io pretendo mostrar tutt'ora, paragonando in ciò l'industria e artificio di questi eccellenti e maravigliosi poeti.

E per dir prima di Omero, io veramente, qualor vo ricercando l'unità della favola e azione, tanto nell' Iliade, quanto nell'Odissea, resto confuso in guisa, che non solamente non so discernere tale unità, ma nè anco comprendere donde e da quai fatti

!

si debba prendere. Laonde, mentre vogliono alcuni che la favola e l'azione dell' Iliade sia la guerra trojana, come, oltre Dion Crisostomo e altri molti, volle Orazio in quei versi :

Trojani belli scriptorem, maxime Lolli,

Dum tu declamas Romæ, Præneste relegi (1). E come anco l'autore istesso pare che, nomando tal poema Iliade, assai chiaramente il mostri; ecco che Aristotile apertamente li contradice; posciachè nella sua Poetica (2), lodando Omero, afferma che non tutta la guerra trojana, ma una particella solamente si elesse per argomento: intendendo per avventura i fatti, i quai seguirono dopo il nono anno.

E nondimeno, ancorché il parer di Aristotile sia tale, altri ristringe tuttavia maggiormente cotale azione, stimando che non tutti i fatti dell' ultimo anno di questa guerra, ma la sola ira, o vogliam dire i fatti egregi e le prodezze eroiche di Achille sian l'argomento e materia, e che di qua s'abbia a ritrar l'unità della favola e non d'altronde. Il che confermano anco assai chiaro per la proposizione nell'istesso Omero, il quale tosto nel bel principio invitò la Musa a cantar, non la guerra trojana, come aveva fatto nella minore Iliade, dicendo:

cioè:

Ιλιον αείδω, και Δαρδανίην ἔυπολον,

Η'ς περὶ πολλὰ πάθου Δαναοὶ θεράποντες ἄρηος .

Ilio canto e Dardania produttrice

Di destrier generosi, intorno a cui

IL

greco campo, i buon servi di Marte Gravi angoscie soffrir molti e molť anni; nè meno le prodezze de' Greci, o tutte o parte, nè i primi o ultimi fatti; ma solamente l'ira di Achille, che insomma vuol dire le coraggiose imprese da lui fatte nell'impresa di Troja. E pur altri, quasichè i fatti di Achille siano sol parte più illustre e principale, e non totale (per così dire) e adequata, in niu. na maniera approvano, che da Achille e da suoi fat

(1) Horat., Lib. I, epist. 2. (2) Paragr. 125.

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