Графични страници
PDF файл
ePub

Guerrier di Dio, ch'a ristorare i danni
Della sua fede il Re del cielo elesse,
E securi fra l'armi e fra gl' inganni
Della terra e del mar vi scorse e resse;
Sì ch'abbiam tante e tante, in sì pochi anni,
Ribellanti provincie a lui sommesse,
E fra le genti debellate e dome

[ocr errors]

Stese l'insegne sue vittrici e 'l nome : Già non lasciammo i dolci pegni e'l nido Nativo noi (se'l creder mio non erra), Nè la vita esponemmo al mare infido Ed ai perigli di lontana guerra, Per acquistar di breve suono un grido Vulgare, e posseder barbara terra ; Chè proposto ci avremmo angusto e scarso Premio, e in danno dell'alme il sangue sparso: Ma fu de' pensier nostri ultimo segno

Espugnar di Sion le nobil mura,

E sottrarre i Cristiani al giogo indegno
Di servitù così spiacente e dura,
Fondando in Palestina un nuovo regno,
Ov'abbia la pietà sede sicura ;

Nè fia chi neghi al peregrin devoto

0

D'adorar la gran Tomba, e sciorre il voto (1). Queste ed altre cose, che io per brevità tralascio, parlò questo glorioso capitano ed augusto campio ne: e conforme anco a sì nobil ragionamento seguirono opre eroiche, ed effetti degni di tanto zelo e prudenza. Laonde, ovvero che risponda a' messaggieri d'Egitto, ovvero che discopra la città santa di Cristo, o ne rimiri e riconosca il sito e la fortezza, che si opponga all'insidiosa Armida, o pure il sedizioso esercito ed i lor capitani affreni, o che in somma in cento e mille altre opre tanto nel governo dell'esercito, quanto nell'oppugnar la città, o colla spada o con lo scettro, s'adopri, sempre pre pio, religioso, forte, magnanimo ed augusto. Insomma, chi andrà attentamente considerando que

(1) Can. I, st. 21 e seg.

si sco

sto nobil poema di parte in parte, troverà che più nobile idea di perfetto capitano non potea nè immaginarsi, nè rappresentarsi di questa. Alla qual nondimeno Enea non così agevolmente arriva, e molto meno Achille, o pur anco Ulisse ; per lasciar Agamennone o altro tale, al quale fosse da Omero ne' suoi poemi dato scettro o governo.

Ma già parmi in certa maniera udire alcuno, che a favor di Virgilio così si opponga, e ragioni. Io non voglio negar per ora, che Goffredo venga ridotto a più nobile idea di forte e saggio capitano di Achille; giacchè questi veramente vien rappresentato da Omero non solamente soggetto a passioni a morose, anzi (come s'è detto) inesoraaile ed acerbo, ed il qual mostra assai sovente di ripor tutta sua ragion nella forza; ma ancora avaro, crudele e fiero, siccome appunto si va scoprendo, mentre incrudelisce nel morto corpo di Ettore, e mentre finalmente lo vende all' afflitto padre. Oltrechè le tante lagrime, colle quali deplora la perduta Briseide, ed il lasciar la nobile e bellicosa impresa per una femminella, non par cosa degna di forte cavaliero ed eroe. Siccome anco il dolersi colla Dea Teti per timore, che le mosche (dirollo, benchè non senza qualche rossore) non facessero oltraggio al morto Patroclo, o piuttosto (per riferir le sue parole) non entrassero nelle sue ferite, con generarvi vermi, sicchè il cadavero ne restasse putrido e deformato; pare a me affetto e pensiero molto basso e leggiero, e disdicevole che se ne parli da generoso e costumato cavaliero. L'istesso mi giova credere anco di Ulisse ; poichè per tacer quanto bruttamente obliasse la patria, il figliuolo e la pudica consorte, per l'insidiosa ed impudica Circe; per lasciar anco le tante astuzie e menzogne, di cui fu sì egregio e nobil fabro; per dissimular finalmente con quanta indignità, anzi macchia del suo reale stato si esponesse, quasi plebejo o giovanetto atleta, al corso tralla minuta plebe, con venire anco a sfida e duello con Iro, vilissimo vagabondo ed errone; va spargendo lagrime in tan

ta copia, e con tanti gemiti, e (per dirla in breve) con maniere così femminili, che ciò solo fia bastevole ad involargli il nome di forte capitano ed eroe. Oltrache nel viaggio che fa da' Feaci ad Itaca, non solo non dà segno alcuno di prudenza e di valore, ma naviga sempre pien d'alto sonno o letargo. Laonde, siccome nella nave vien da' marinaj riposto dormendo, e dormendo fa il passaggio; così dormendó ancora vien esposto nella sua patria, mostrandosi piuttosto stupido ed ebro, che dando mostra alcuna di senno e fortezza. Queste cose, dico, vo'conceder io e di Achille e di Ulisse; soffrendo anco, se pur tanto ricerchi e brami, che Achille sembri or quasi imbelle e tenera donzella, tutto effemminato e molle; chè tal sembra per gli amori e per l'ozio, e molto più per li tanti sospiri e lacrime; ora a guisa di selvaggio e famelico leone, tutto iracondo, implacabile, superbo e fiero; chè tale appunto si scopre al fine contro Ettore, ed in battaglia e che Ülisse d'altro non si mostri composto, che di astuzie, lagrime e sonno; giacchè rade volte, o non mai da sonno e da pianti, o da tesser inganni si sta lontano. Che più? voglio io persuadermi, che il tuo Torquato a bello studio ci dipingesse i due ambasciadori del re d'Egitto, Alete, dico, ed Argante, colle insegne (per cosi dire) e colori di Ulisse ed Achille, per mostrar, con pace di Omero, che que' colori ed insegne non fossero di saggio e vero eroe, ma ben di astuto messaggiero, o superbo campione :

Parlar facondo, e lusinghiero, e scorto, Pieghevoli costumi, e vario ingegno Al finger pronto, all'ingannare accorto; Gran fabro di calunnie adorne in modi Novi, che sono accuse, e paion lodi (1). Questi è Alete, formato quasi tutto di Ulisse. L'altro è il circasso Argante, uom che straniero Sen venne alla regal corte d' Egitto:

(1) Can. II, st. 58.

Ma de' satrapi fatto è dell' impero,
E in sommi gradi alla milizia ascritto;
Impaziente, inesorabil, fero,

Nell' arme infaticabile ed invitto,
D'ogni Dio sprezzatore, e che ripone
Nella spada sua legge e sua ragione (1).

E questi anco quasichè rappresenta al vivo Achilce. Sicchè siasi pur vero, e concedasi senz'alcun contrasto, quanto audavi dicendo delli due eroi e duci d'Omero; tuttavia non so io, se tanto debba concedersi di Enea: perciocchè quando non potesse, o dovesse portar pregiudizio a Virgilio l'essere stato Idolatra e Gentile; e che perciò bastasse che egli avesse descritto il suo Enea forte, pio, religioso, ed insomma perfetto in quello stato; forsechè Enea non sarebbe da posporre a Goffredo, anzi in alcune cose da anteporre ? sapendosi che, mentre Virgilio si mostrò intendentissimo de' riti religiosi e sacri (chiamo per ora religiosi e sacri conforme allo stato della misera Gentilità) e, per usar le parole di Macrobio: Totius juris tum pontificii, tum auguralis (2); queste cose certamente, come quelle che per lo più

vengono espresse e rappresentate in Enea, li concilierebbono maravigliosa lode di pietà e religione, ed aggiungerebbono alto splendore alla fortezza e prudenza, con cui vien descritto e rappresentato. E certo, mentr' Enea e ne' sacrificj, e negli augurj, e nel consultar gli oracoli, ricercandone la volontà degli Dei, ed in altri simili atti si mostra così accu rato e pronto; non so io vedere, come Goffredo li resti in ciò punto superiore, anzi nè anco uguale. E che ciò sia vero, mirisi di grazia Enea vincitore: ed ecco che ben tosto, tralasciata ogn'altra benchè rilevante cura, ne rende a Dio i dovuti onori.

Enea, quantunque il tempo,

L'officio e la pietà più lo stringesse
A seppellire i suoi; quantunque offeso
Da tante morti, l cor funesto avesse;

(1) Can. II, st. 59. (2) Lib. II, Satur.

Tosto che'l Sole apparve, il voto sciolse
Della vittoria (1).

Il quale ufizio ed atto di religione fa sì sovente, che non è necessario rammentarne i luoghi così anco nel rendere agli ambasciadori latini i morti corpi, affinchè ricevessero sepoltura, ci si scopre di singolar pietà, quando così ragiona:

non pur pace,

Siccome voi chiedete, io vi concedo

Per color che son morti, ma co vivi
Ve l'offro, e la vi chieggio (2).

Ma qual venerazione e riverenza uon mostra verso
i Dei, quando per aver egli sparso il sangue, ben-
chè nemico, non ardisce di toccar le cose sacre?
tu colle tue mani

[ocr errors]

Sosterrai, padre mio, de santi arredi,
E de' patrii Penati il sacro incarco;
Ch' a me sì lordo, e sì recente uscito
Da tanta occision, toccar non lece,

Pria che di vivo fiume onda mi lavi (3). Insomma Enea, come giusto e pacifico, dissuade la guerra, ed invita alla pace: come coraggioso e forte, combatte virile ed animosamente: come valoroso e felice, riporta molte vittorie: come pio, usa gli ultimi ufficj di pietà al padre; ponendo insieme ogni industria per far risorgere l'arsa e caduta patria: finalmente, come religioso, salva i Dei Penati, e soventissime volte porge voti e sacrifica a Dio; sicchè ed in guerra ed in pace si mostra esempio raro ed illustre di perfettissimo capitano. E pertanto con molta ragione Ilioneo, per restringere in breve l'alte sue virtù, disse a Didone:

Rex erat Aeneas nobis, quo justior alter

Nec pietate fuit, nec bello major et armis (4). Colle quali parole piene di eroica maestà (che perciò appunto ho voluto recarvi l' istesse latine voci) mostrò che i fatti benissimo corrispondessero al nome, e che perciò fosse degno d'alta e quasi divina lode :

(1) Lib. II, ad init. (2) Ivi. (3) Ivi . (4) Lib. I.

« ПредишнаНапред »