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Rolli.

L' Amante fuol talor

Seguir qual cacciator

La preda viva;

E in tanti affanni fuoi

Nè pur la guarda poi

Quando l' arriva.

Gli è vero; ma pur v'à
amerà

Chi prefa

Com' un teforo;

Faralle vezzi ognor,

Terralla con onor
In gabbia d'oro.

No Bella non voler
Combatter co' penfier
Sol per tuo danno:

I giorni del gioir Per mai più non venir Fuggendo vanno.

Cotefta libertà

D'un cor che amor non à,

Ogg' io pur fento:

Un' Ozio vil fi fa

Che fe Martir non dà,

Non dà Contento.

Brama di Gemm' e d' Or,

Defio di van' Onor

Non t'incateni:

Mancando, fan penar,

Ne te ne puoi faziar

Quando gli ottieni.

Un generofo Ardor

D'amore per amor

Efca è dell' Alma:

Che gli altri fcorge andar

In procellofo Mar

Quand' ella è in calma.

€ 2

2.

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Metastasio.

Metastasio.

E. B. I. S. 251. Sein großes, feltnes lyrisches Talent, gleich fähig zum Edeln und Erhabenen, wie zum Zärtlichen, Rührenden und Leichten ist in allen seinen größern und kleinern dramatischen Arbeiten sichtbar. Aeußerst vollendet, und allgemein bekannt sind auch die fünf Canzonetten, am Schluß des sechsten Bandes der Turiner Ausgabe seiner Werke: La Primavera; L' Estate; La Libertà; Palinodia und La Partenza. Die vierte ist Widerruf der dritten, die ich hier mittheile, wovon man eine französische Nachahmung von J. J. Rousseau, und eine noch schönere deutsche von Hrn. Gotter hat. (S. des legs tern Gedichte, B. I. S. 205,)

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Metastasio.

Mi defto, e tu non fei
Il primo mio penfier.

Lungi da te m'aggiro,
Senza bramarti mai;
Son teco e non mi fai
Nè pena, nè piacer.

Di tua beltà ragiono,
Nè intenerir mi fento;
I torti miei rammento,
E non mi fo fdegnar.
Confufo più non fono,
Quando mi vieni appresso;
Col mio rivale ifteffo
Poffo di te parlar.

Volgimi il guardo altero,
Parlami in volto umano;
Il tuo disprezzo è vano,
E vano il tuo favor.

Che più l'ufato impero
Quei labbri in me non hanno
Quegli occhi più non fanno
La via di quefto cor.

Quel, che or m' alletta, o fpiace,
Se lieto, o mesto or fono,

દે

Già non è più tuo dono,

Già colpa tua non è.

Che fenza te mi piace,
La felva, il colle, il prato;
Ogni foggiorno ingrato
M'annoia ancor con te.

Odi, s' io fon fincero;
Ancor mi fembri bella,
Ma non mi fembri quella,
Che paragon non ha.

E (non t' offenda il vero)
Nel tuo leggiadro aspetto
Or vedo alcun difetto;
Che mi parea beltà.

Quando

Metastafio.

Quando lo ftral spezzai,
Confeffo il mio roffore,
Spezzar m' inte fi il core,
Mi parve di morir.

Ma per ufcir di guai,
Per non vederfi oppreffo,
Per racquiftar fe fteffo,
Tutto fi può foffrir.

Nel vifco, in cui s'avvenne

Quell' augellin talora

Lafcia le penne ancora,
Ma torna in libertà.

Poi le perdute penne
In pochi di rinnova,
Cauto divien per prova,
Nè più tradir fi fa.

So, che non credi eftinto
In me l'incendio antico,
Perchè fifpeffo il dico,
Perchè tacer non fo.
Quel naturale istinto,
Nice, a parlar mi fprons,
Per cui ciafcun ragiona
De' rifchi, che passò,

Dopo il crudel cimento
Narra i paffati fdegni
Di fue ferite i fegni
Moftra il guerrier così.

Moftra così contento
Schiavo, che uscì di pena,
La barbara catena,
Che ftrafcinava un dì.

Parlo, ma fol parlando

Me fodisfar proccuro;
Parlo, ma nulla io curo
Che tu mi prefti fè.

Parlo, ma non dimando,
Se approvi i detti miei,

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