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JOANNIS MILTONI

LONDINENSIS

POEMATA.

QUORUM PLERAQUE INTRA ANNUM ÆTATIS VIGESIMUM CONSCRIPSIT.

HÆC quæ sequuntur de Auctore testimonia, tametsi ipse intelligebat non tam de se quàm supra se esse dicta, eò quòd præclaro ingenio viri, nec non amici, ita ferè solent laudare, ut omnia suis potiùs virtutibus, quàm veritati congruentia, nimis cupidè affingant, noluit tamen horum egregiam in se voluntatem non esse notam ; cùm alii præsertim ut id faceret magnoperè suaderent. Dum enim nimiæ laudis invidiam totis ab se viribus. amolitur, sibique quod plus æquo est non attributum esse mavult, judicium interim hominum cordatorum atque illustrium quin summo sibi honori ducat, negare non potest.

JOANNES BAPTISTA MANSUs, Marchio Villensis Neapolitanus, ad JOANNEM MILTONIUM Anglum.

UT mens, forma, decor, facies, mos, si pietas sic, Non Anglus, verùm herclè Angelus, ipse fores.

Ad JOANNEM MILTONEM Anglum, triplici poeseos laureá coronandum, Græcá nimirum, Latiná, atque Hetruscá, Epigramma JOANNIS SALSILLI Romani.

CEDE, Meles; cedat depressa Mincius urnâ;
Sebetus Tassum desinat usque loqui.

At Thamesis victor cunctis ferat altior undas,
Nam per te, Milto, par tribus unus erit.

Ad JOANNEM MILTONUM.

GRECIA Mæonidem, jactet sibi Roma Maronem, Anglia Miltonum jactat utrique parem.

Selvaggi.

AL SIGNOR GIO. MILTONI NOBILE INGLEse.

ODE.

ERGIMI all' Etra ò Clio

Perche di stelle intreccierò corona

Non più del Biondo Dio

La fronde eterna in Pindo, e in Elicona,
Diensi a merto maggior, maggiori i fregi,
A' celeste virtù celesti pregi.

Non puo del tempo edace

Rimaner preda, eterno alto valore
Non puo l'oblio rapace,

Furar dalle memorie eccelso onore,
Su l'arco di mia cetra un dardo forte
Virtù m' adatti, e ferirò la morte.

Del ocean profondo

Cinta dagli ampi gorghi Anglia resiede Separata dal mondo,

Però che il suo valor l' umano eccede: Questa feconda sà produrre Eroi,

Ch' hanno a ragion del sovruman tra noi.

Alla virtù sbandita

Danno ne i petti lor fido ricetto,
Quella gli è sol gradita,

0;

Perche in lei san trovar gioia, e diletto Ridillo tu, Giovanni, e mostra in tanto Con tua vera virtù, vero il mio Canto.

Lungi dal patrio lido

Spinse Zeusi l' industre ardente brama;
Ch' udio d'Helena il grido

Con aurea tromba rimbombar la fama,
E per poterla effigiare al paro

Dalle più belle Idee trasse il più raro.

Cosi l'ape ingegnosa

Trae con industria il suo liquor pregiato Dal giglio e dalla rosa,

E quanti vaghi fiori ornano il prato ; Formano un dolce suon diverse chorde, Fan varie voci melodia concorde.

Di bella gloria amante

Milton dal ciel natio per
Le peregrine plante

varie parti

Volgesti a ricercar scienze, ed arti;
Del Gallo regnator vedesti i regni,
E dell' Italia ancor gl' Eroi più degni.

Fabro quasi divino

Sol virtù rintracciando il tuo pensiero
Vide in ogni confino

Chi di nobil valor calca il sentiero ;
L'ottimo dal miglior dopo scegliea
Per fabbricar d'ogni virtù l' idea.

Quanti nacquero in Flora

O in lei del parlar Tosco appreser l'arte,
La cui memoria onora

Il mondo fatta eterna in dotte carte,

Volesti ricercar per tuo tesoro,

E parlasti con lor nell'

Nell' altera Babelle

opre loro.

Per te il parlar confuse Giove in vano,
Che per varie favelle

Di se stessa trofeo cadde su'l piano :

Ch' Ode oltr' all' Anglia il suo più degno idioma Spagna, Francia, Toscana, e Grecia, e Roma.

I più profondi arcani

Ch'occulta la natura e in cielo e in terra
Ch' à ingegni sovrumani

Troppo avara tal' hor gli chiude, e serra,
Chiaramente conosci, e giungi al fine
Della moral virtude al gran confine.

Non batta il Tempo l' ale,

Fermisi immoto, e in un fermin si gl' anni,
Che di virtù immortale

Scorron di troppo ingiuriosi a i danni;
Che s'opre degne di poema e storia
Furon gia, l'hai presenti alla memoria.

Dammi tua dolce cetra

Se vuoi ch' io dica del tuo dolce canto,
Ch' inalzandoti all' Etra

Di farti huomo celeste ottiene il vanto,
Il Tamigi il dirà che gl' e concesso
Per te suo cigno pareggiar Permesso.

Io che in riva del Arno

Tento spiegar tuo merto alto, e preclaro
So che fatico indarno,

E ad ammirar, non a lodarlo imparo ;
Freno dunque la lingua, e ascolto il core
Che ti prende a lodar con lo stupore.

Del sig. ANTONIO FRANCINI, gentilhuomo.

VOL. III.

R

Fiorentino.

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