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Petrarca.

Volando al ciel con la terrena foma,
Sai dall' impero del figliuol di Marte
Al grande Augufto, che di verde lauro
Tre volte trionfando ornò la chioma
Nell' altrui ingiurie del fuo fangue Roma
Speffe fiate quanto fu cortefe:
Ed or perche non fia

Cortefe no, ma conofcente e pia
A vendicar le dispietate offefe
Col figliuol gloriofo di Maria?
Che dunque la nemica parte fpera
Nell' umane difefe

Se Crifto fta dalla contraria fchiera?
Pon i mente al temerario ardir di Serfe,
Che fece per calcar i noftri liti,
Di novi ponti oltraggio alla marina;
E vedrai nella morte de' mariti
Tutte veftite a brun le donne Perfe
E tinto in roffo il mar di Salamina;
E non pur questa mìfera ruina
Del popolo infelice d'oriente
Vittoria ten promette

Ma Maratona e le mortali ftrette
Che difefe il Léon con poca gente;
Ed altre mille c'hai fcoltate e lette;
Perche inchinar a Dio molto convene
Le ginocchia e la mente,

Che gli anni tuoi riserva a tanto bene.
Vedra' Italia e l'onorata riva,

Ganzon, ch' agli occhi miei cela e contende,
Non mar non poggio o fiume,

Ma folo amor, che del fuo altero lume
Piu m'invaghisce, dove piu me'ncende;
Ne natura puo ftar contr'al coftume.
Or movi, non fmarrir l'altre compagne;
Che non pur fotto bende

Alberga amor, per cui fi ride e piagne,

Filicaja.

Ungemein viel edle Empfindung, Natur und Wohlklang charakterisirt die lyrischen Poesieen des Vincenzo da Filicas ja, eines sehr schäßbaren florentinischen Dichters, geb. 1642, geft. 1707. Der größte Theil seiner Oden gehört in die beis den ersten Klassen, der geistlichen und hervischen; ich habe indeß mit Fleiß es bis hieher verspart, eine Probe aus ihn mitzutheilen, um die folgende wählen zu können, in der so viel väterliche Wärme und zärtliche Besorgniß redet. In dieser Hinsicht wird man ihr leicht den oft etwas zu didaktifchen Ton verzeihen können.

IL TESTAMENTO AI FIGLIUOLI

CANZ O N E.

་་་་་

Silicaja.

Figli, fe di mia Mente

I.

Figli non fiete, udir di Padre il nome
Sdegno, e dal dritto degli affetti efente
Rendo a Natura i doni fuoi. Mà pria,
Ch'io 'l faccia, e imbianchi le attempate chiome
Stagion più fredda, e ria,

E pria, che in voi la giovenile ardente
Baldanza il fren ricufe,

In femplice parlar liberi fenfi

Convien che a voi difpenfi.

E fe fian difadorne, afpre, e confuse
Mie voci, amor mi fcufe,

Amor, che nel penfiero a me ragiona,
E in rozzi accenti a favellar mi fprona.

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Coftui chi è, che conta

Più furti affai, che doni, e di cui nuoce

Più 'I don, che'l furto, e più 'l favor, che l'onta?
Coftui, che regna, e nel cui regno è merto
L'ignoranza, e'l ben pigro, e'l mal veloce,,
E'l falir dubbio, e certo.

Il precipizio? La perfetta impronta
Dov'è, dov'è, che in effo

Stampò 'l gran Fabro? Oh perfido, e deforme
Genio dell'uom! difforme

Tu il Mondo fefti, ond'ei non par più deffo,
Gran duolo il Fabro ifteffo

Già punfe, e duolo il punge or più profondo
D'aver l'Uom fatto, che ha disfatto il Mondo,

Così direte allora,

VIII.

Figli, e in paffando per le umane ambafce,
Tra fconforti, e piacer, vedrete ognora,

Che come bagna sì, man non disseta

Salfo umor; così 'l Mondo empie, e non pafce,
Ne, fe crudel Pianeta

Non mai v'appresti ripofata un'ora;

Ne, fe implacabil Sorte

Faccia di voi quel, che di me fe fempre,

Vil doglia il cor vi ftempre.

Rende il Verno le piante egre, e sì fmorte

Di fuor, che fembran morte;

Ma il gelo ifteffo, che le uccide, in lorq
Forma occulto di vita alto lavoro,

E sì di pomi han grave

IX.

Pot ciafcun ramo, che del caro pefa

Pajon

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Foglie vi toglia, e'l fuo furor più aggrave,
Forfe averra, che nuova

Mirabil trama in voi di frondi, e fiori
L'afpro Deftin lavori,

Che qual fe fteffo il fuol varia, è rinnova

Con portentofa prova

Tal come 'l Male, il Ben muore, e rinasce

Filicaja.

Che altro il Mal poi non è, che un Bene in fafce.

X.

Pur fe è Deftin, che ignuda

Voftra umil Pianta le fallite cime

Moftri, e lei fempre il paffeggier deluda;
Vinca, vinca il Deftino. In voi faranno
Le glorie del foffrir vie più fublime
La dignità del danno.

E della forte più rabbiosa, e cruda
Tra le più ree tempefte

Vera invitta umiltà de' fuoi difpregi
Fia, che f'adorni, e fregi;

Onde affetti non frali Amor celefte

In voi trapianti, e defte,

E quella Fè produca, e quel defio,

Che in Dio fi ferma, e Dio fol chiede a Dio.

Figli, all' eftremo passo

XI.

Già già m'aceofto; e non leggier mi punge
Cura di voi, di me: di me, che paffo,
Di voi, ch' io lafcio. Un amorofo ftrido

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3. B. Rouf feau.

Je n'y trouve qu'extravagance,
Foibieffe, injuftice, arrogance,
Trahifons, fureurs, cruautés.
Etrange vertu, qui fe forme
Souvent de l'affemblage énorme
Des vices les plus détestés!

Apprens que la feule fageffe
Peut faire les Héros parfaits:
Qu'elle voit toute la baffeffe
De ceux que ta faveur a faits:
Qu'elle n'adopte point la gloire,
Qui naît d'une injufte victoire.
Que le fort remport pour eux;
Et que
devant fes yeux Stoïcs,
Leurs vertus les plus heroïques
Ne font que des crimes heureux.

Quoi, Rome et l'Italie en cendre
Me feront honorer Silla!
J'admirerai dans Alexandre
Ce que j'abhorre en Attila!
J'appellerai vertu guerriere
Une vaillance meurtriere,

Qui dans mon fang trempe fes mains!
Et je pourrai forcer ma bouche

A louer un Héros farouche

pour le malheur des humains!

Quels traits me préfentent vos faftes,
Impitoyables Conquérans?

Des voeux outrés, des projets vaftes,
Des Rois vaincus par des Tyrans;
Des murs que la flamme ravage
Des vainqueurs fumans de carnage,
Un peuple au fer abandonné,
Des meres pâles et fanglantes
Arrachant leurs filles tremblantes

Des bras d'un Soldat effréné.

Juges

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