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Chiabrera. Ed allor forfe in rimembrar tuo nome
Sorgeria lugo il fuono

De i tuoi martir cocenti,

Che virtù fomma a favellar m'invita;`
E fi direbbe, come

Simile nel perdono,

E primier ne i tormenti,

Spirafti in terra, al tuo Signor, la vita;
O tu rapita da furore inferno
Stirpe Giudea, che fcherno,

Che ftrage fefti obbrobriofa ofcura
Dell' Alma Santa, immacolata e pura?

Qual per degli occhi altrui ftrano diletto
Se in teatro fi chiude

Tra' rei veltri fuperbi

Cervo innocente e miferabil fera,

Or al franco, or al petto

Sent' ei le labbia crude,

Ne quei ceffano acerbi:

Finchè f'atterri lacerato, e pera;
Tall dall' altera Solima fofpinto

Tra mille piaghe estinto

Stefano cadde in ful terren fanguigno,

Spirito facraeiffimo benigno.

Che tra il furor delle percoffe amare
Alzò gli occhi cortele,

E con alma tranquilla

Sovra i duri uccifor pregò clemente.
Veracemente un mare

D'ingiuriofe offefe

Spegner non può fcintilla

In aima pia di caritate ardente:
E veramente da i fuperni giri
Entro ingiufti martiri

Non lafcia anima Dio fenza mercede;
E qui raggiri il cor, f'altri nol crede.
Ecco i macigni, onde f'apriro in fiumi
Le vene elette e belle,

Che del bel fangue afperfi

Or fanfi cari in fua memoria e fanti;

Ecco

Chiabrera.

Ecco che incenfi e fumi

Sen volano alle ftelle,

E fuoni almi diverfi,

É verfi n'alza il Vaticano e canti;
Duci, Regnanti a venerarne il giorno
Guidano pompe intorno,

E feco il Mondo riverente adora

Gli Altari e'l Tempio, che di lui f'onora.
Ed ei del Ciel tra' fiammeggianti lampi
Trascorre almo le cime,
Fulgidiffimo in fregi

D'ammirabile porpora contefti;

Là per Eterei campi

Trionfator fublime

Guida eferciti egregi,

Invitti al Mondo entro martir funefti.

Gaudj celefti, che nè forte affale,

Nè fpegne ora mortale,

Lunge divifi dul piacer terreno,
Di dolce involto, e d'amarezza pieno.

Men

Menzini.

Menzini.

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S. B. II. S. 135. Das erste Buch seiner lyrischen Gedichte besteht aus zehn geiftlichen Oden, nicht ohne Wår. me der Empfindung und dichtrischen Schwung. Die folgende ist die erste darunter, und befingt die überirdische Glückz feligkeit, welche das Bewusstseyn der Tugend dem menschlichen Herzen schon hier auf Erden gewährt.

CANZONE.

Ben fanno i verdi poggi, e le fonanti
Selve romite, e l'acque,

Che fon le mie ricchezze Inni foavi:
A lor la Cetra confacrar mi piacque,
E fia, che tra' fuoi canti

Peso di povertà meno m'aggravi
Dunque è ragion, ch' io brami
Col buon fpirto Tebano
Scioglier la voce arguta:
Sento qual mi richiami
Almo furor, che in vano
Un cuor Febeo rifiuta.

Là dove hanno gli Eroi fede immortale
Sola virtute è guida,

Che più degli aftri, e più del Sol rifplende:

Per quefto il cor, cui nobil fpeme affida,

Del fuo penfier full' ale

Fuor de terreni oltraggi il volo ftende.
Su caduca Bellezza

A riguardar non prendo,
Colmo d'ardor la mente:
Che mal traggo vaghezza
Di quello, ond'io m'accendo,
Per poi partir dolente.

Nel

Nel fentiero del volgo imprimer l'orme
Non è faggio configlio;

E de' buoni è quaggiù piccola fchiera:
Che veder puoi a un fol rotar di ciglio
Cangiarfi in mille forme

La turba adulatrice, e lufinghiera.
Altri da Stigio chioftro
Della Discordia è duce,
Spargendo empio veleno:
D'Invidia orrido moftro
Altri a turbar n'adduce
Ciel di Virtù fereno.

Dunque f'io miro le fiammanti ftelle
In odio avrò la Terra,

Che' è di grand' Alme infidiofo albergo.
Deh chi mi toglie a sì funefta guerra,
E fa mie voglie ancelle

Alla virtù, per cui m'innalzo, ed ergo?
D'Alcmena illuftre prole

Chi celebrar mon ode,

Che i Moftri uccise, e vinfe?

Ei fe davanti al Sole

Opra d'egregia lode,

Che i proprj affetti estinse.

Che faria vano ancor nome d'Eroi, Se fol col braccio audace

Apportaffer quaggiufo e ftrazio, e morte:

O fplenderia nel Ciel tremula face-
Cinto de' raggi fuoi

Anche Dionigi in crudeltà fol forte.
Chi regna entro le fteffo,

Quei d'invitto Valore,
Coglier potrà coróna:
Febo dal bel Permeffo
M'è di configlio al core,
Perch' ei così ragiona.

Che, di bell' Oro al crin teffer ghirlanda?

Menzini.

E'l riverito feettro

Beisp. Samml. 4. B.

L

Ornar

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Saverio Mattei, der noch, so viel ich weiß, ju Near pel lebt, lieferte im Jahre 1773 eine sehr beifallswürdige poetische Uebersehung der Psalmen, in vier Bånden, nachs dem er Differtazioni Preliminari alla Traduzzione de Salmi vorausgeschickt hatte. Sie sind am Rande mit dem Text der Vulgate, und zugleich mit erklärenden Anmerkungen begleis tet, und zum Theil im freien, zum Theil im lyrischen Syl benmaaß; einige auch in Form der Kantate, und dramatisch. Der poetische Ausdruck hat sehr viel Verdienst, wie man schon aus folgender Probe sehen wird, in welcher Sylbens maaß und Versart zur Verschönerung der gefühlvollen Sprache nicht wenig beitragen.

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