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Al braccio, e il fatal brando (1) al lato manco,
Roma temuto avria (2), come se ignudo
Già vedesse il gran ferro aprirle il fianco.
CARLO INNOCENZO FRUGONI.

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ANNIBALE

NEL PASSAGGIO DELL' ALP I.

Ferocemente la visiera bruna

Alzò sull' Alpi l'African Guerriero

Cui (3) la vittrice militar fortuna

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Ridea superba nel sembiante altero. Rimirò Italia; e qual (4), chi in petto aduna Il giurato sull' ara odio primiero, Maligno rise, non credendo alcuna Parte secura del nemico Impero : Quindi col forte immaginar rivolto

Alle future memorande imprese, Tacito, e in suo pensier tutto raccolto, Seguendo il Genio, che per man lo prese, Con l'ire ultrici, e le minaccie in volto, Terror d'Ausonia e del Tarpeo discese.

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ANNIBALE IN CAPUA.

L'Ozio Campano in lusinghiero aspetto
Stretta per man la Negligenza amica,
Perchè dal crin (1), perchè dal duro petto,
Fiero African, ti snoda elmo e lorica?
Torva fremendo ah! vedi, onta e dispetto
Mostrarne a te la militar fatica.

Tutto ah! tu perdi a vincer tutto eletto
Nella dimora tua fatal nemica.
Tradita invoca in Ciel l'alta promessa
I mal giurati Dei : Fabio sul monte
Pensa al riparo della patria oppressa.
Mira deh! mira l' ali avverse e pronte

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Torcer offesa la Vittoria anch'essa

I lauri suoi togliendoti di fronte.

Il medesimo.

ANNIBALE,

VINTO DAI PIACERI DI CAPUA.

Quei (2) che di Libia dai confin poteo (3),
Portar oltre l' Ibero armi, e paura,

E Spagna, e Gallia vinse, e poi Natura,
Quando per l' Alpi il gran tragitto feo (4)

(1) Crine per capo. (2) Quei per quegli.

(3) Poteo per potè.
(4) Feo per fece.

Quei, che Ticino, e Trebbia e Canne empièo (1)
Di Latin sangue, e per le rotte mura
Salir dovea, seguendo sua ventura,
Alla terribil cena in sul Tarpeo :

Quegli fu vinto ; e nol (2) vincesti, o Roma,
Col braccio, che già trasse ai sette colli
I Re superbi della Terra doma (5);
Ma il dolce aer campano e gli ebri e folli
Di, che passó della guerriera soma

Scarco (4) il domaro (5), ei vili affetti e molli.

Il medesimo.

ANNIBALE SUGGE IL VELENO.

Quando la gemma al dito Annibal tolse,
Che di sua morte a lui serbò l' onore,
Tutte sul volto le yirtù del core,

E le giurate a Roma ire raccolse :
E Trebbia, e Canne in suo pensier rivolse,
Lunga al Tarpeo memoria aspra d'orrore,
Nè degli Dei, qual (6) chi contento more,
Nè de' cangiati suoi destin si dolse :

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Doma, domata.

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Scarco, voce poetica per (6) Qual, come.

E fermo, e fiso nella grande immago (1),
Che di lui viva l' età tutte avranno

D' un generoso pallor tinto, e bianco :
Il Tebro omai togliam, disse, d' affanno;
Finchè Annibal vivea, tutta non anco
Era ben vinta la fatal Cartago 2).

Il medesimo.

AVARIZIA.

Sen giace qui fra questi marmi unita
D'un avaro crudel l' alma (3) meschina,
Che pianse, quando morte ebbe vicina,

La

spesa del sepolcro, e non la vita.

GIOVAN-FRANCESCO LOREDANO.

BELLEZZA.

Di se stessa invaghita, e del suo bello

Si specchiava la Rosa

In un limpido e rapido Ruscello;
Quando d'ogni sua foglia

(1) Immago, voce poetica per Cartagine. per immagine.

(3) Alma, voce poetica per

(2) Cartago, voce poetica!anima.

Un' aura impetuosa

La bella Rosa spoglia.

Cascar (1) nel rio (2) le spoglie, e il rio fuggendo Se le porta correndo :

E così la Beltà

Rapidissimamente, oh Dio! sen va.

FRANCESCO De Lemene.

AMOR CORRISPOSTO.

Dunque gli Dii non volsero
Le mie speranze in gioco,
Te dunque ancor che tacita
Pur arse il nostro foco.
Chiusi volea modestia

Quei cari labbri in vano,
Che aprirli alfin compiacquesi
Amor di propria mano.
Tu m' ami: il tuo resistere
A torto alfin m'increbbe;
Esso alla mia vittoria
Pregio novello accrebbe.

Deh più gradita all' animo

Per te che il puoi si renda,

(1) Cascar per cascarono. (2) Rio, ruscello.

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