Non regger voi degli elmi e degli scudi Siete atti il peso, o'l petto armarvi e'l dorso; Ma commettete paventosi e nudi
I colpi al vento, e la salute al corso. L'opere vostre e i vostri egregj studi Notturni son; dà l'ombra a voi soccorso. Or ch'ella fugge, chi fia vostro schermo? D'armi è ben d'uopo, e di valor più fermo.
Così parlando ancor diè per la gola Ad Algazel di sì crudel percossa, Che gli secò le fauci, e la parola Troncò, ch'alla risposta era già mossa. A quel meschin subito orrore invola Il lume, e scorre un duro gel per l'ossa: Cade, e co' denti l'odíosa terra
Pieno di rabbia in sul morire afferra.
Quinci per varj casi e Saladino
Ed Agricalte e Muleasse uccide; E dall'un fianco all'altro a lor vicino Con esso un colpo Aldíazil divide; Trafitto a sommo il petto Aríadino Atterra, e con parole aspre il deride. Ei, gli occhi gravi alzando, alle orgogliose Parole in sul morir così rispose:
Non tu, chiunque sia, di questa morte Vincitor lieto avrai gran tempo il vanto: Pari destin t'aspetta; e da più forte Destra a giacer mi sarai steso accanto. Rise egli amaramente: e, Di mia sorte Curi il ciel, disse; or tu qui mori intanto, D'augei pasto e di cani: indi lui preme Col piede, e ne trae l'alma e 'l ferro insieme.
Un paggio del Soldan misto era in quella Turba di sagittarj e lanciatori,
A cui non anco la stagion novella Il bel mento spargea de' primi fiori. Pajon perle e rugiade in su la bella Guancia irrigando i tepidi sudori: Giunge grazia la polve al crine incolto; E sdegnoso rigor dolce è in quel volto.
Sotto ha un destrier, che di candore agguaglia Pur or nell'Appennin caduta neve: Turbo o fiamma non è, che roti o saglia Rapido sì, come è quel pronto e leve. Vibra ei, presa nel mezzo, una zagaglia; La spada al fianco tien ritorta e breve; E con barbara pompa in un lavoro Di porpora risplende intesta e d'oro.
Mentre il fanciullo, a cui novel piacere Di gloria il petto giovenil lusinga,
Di qua turba e di là tutte le schiere; E lui non è chi tanto o quanto stringa: Cauto osserva Argillan tra le leggiere Sue rote il tempo, in cui l'asta sospinga; E, colto il punto, il suo destrier di furto Gli uccide, e sovra gli è, ch'appena è surto:
Ed al supplice volto, il quale invano Con l'arme di pietà fea sue difese, Drizzò crudel l'inesorabil mano; E di natura il più bel fregio offese. Senso aver parve, e fu dell'uom più umano Il ferro; chè si volse, e piatto scese: Ma che pro? se doppiando il colpo fero Di punta colse, ove egli errò primiero.
Soliman, che di là non molto lunge
Da Goffredo in battaglia è trattenuto, Lascia la zuffa, e'l destrier volve e punge, Tosto che'l rischio ha del garzon veduto; E i chiusi passi apre col ferro, e giunge Alla vendetta sì, non all'ajuto: Perchè vede, ahi dolor! giacerne ucciso Il suo Lesbin, quasi bel fior succiso.
E in atto sì gentil languir tremanti
Gli occhi, e cader sul tergo il collo mira; Così vago è il pallore, e da' sembianti Di morte una pietà sì dolce spira, Ch'ammollì il cor, che fu dur marmo innanti, E'l pianto scaturì di mezzo all'ira. Tu piangi, Soliman? tu, che distrutto Mirasti il regno tuo col ciglio asciutto?
Ma, come ei vede il ferro ostil, che molle Fuma del sangue ancor del giovenetto, La pietà cede, e l'ira avvampa e bolle, E le lagrime sue stagna nel petto. Corre sovra Argillano, e 'l ferro estolle; Parte lo scudo opposto, indi l'elmetto, Indi il capo e la gola; e dello sdegno Di Soliman ben quel gran colpo è degno.
Nè di ciò ben contento, al corpo morto Smontato del destriero anco fa guerra; Quasi mastin, che'l sasso, ond' a lui porto Fu duro colpo, infellonito afferra. Oh d'immenso dolor vano conforto, Incrudelir nell'insensibil terra!
Ma frattanto de' Franchi il capitano Non spendea l'ire e le percosse invano.
Mille Turchi avea qui, che di loriche E d'elmetti e di scudi eran coperti, Indomiti di corpo alle fatiche,
Di spirto audaci, e in tutti i casi esperti: E furon già delle milizie antiche
Di Solimano, e seco ne' deserti
Seguir d'Arabia i suo' errori infelici, Nelle fortune avverse ancora amici.
Questi ristretti insieme in ordin folto Poco cedeano o nulla al valor franco. In questi urtò Goffredo, e ferì il volto Al fier Corcutte, ed a Rosteno il fianco; A Selin dalle spalle il capo ha sciolto ; Troncò a Rossano il destro braccio e'l manco: Nè già soli costor; ma in altre guise Molti piagò di loro, e molti uccise.
Mentre ei così la gente saracina Percote, e lor percosse anco sostiene; E in nulla parte al precipizio inchina La fortuna de' Barbari e la spene: Nova nube di polve ecco vicina, Che folgori di guerra in grembo tiene; Ecco d'arme improvvise uscire un lampo,
Che sbigotti degl' infedeli il campo.
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