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e tolte da un manoscritto originale del Tasso, che fu posseduto da Girolamo Baruffaldi.

Appresso alle Varianti seguono le Annolazioni, come si vede nella nostra edizione precedente, cavate in gran parte dal Gentili e dal Guastavini, e risguardanti specialmente le notizie storiche o i luoghi imitati dal Tasso: se non che (permettente l'egregio Letterato che ebbe mano la prima volta a compilarle e distenderle) ne abbiamo espunte tutte quelle che apparivano d'essere superflue, ed altre ne abbiamo notabilmente abbreviate, collo cando ogni cosa in migliore assetto e con ordine più distinto.

Da ultimo avvertiamo che gli Argomenti a ciascun Canto sono di Gio. Vincenzo Imperiale; e se in loro vece non abbiam posto quelli d'Orazio Ariosto, che sogliono accompagnare le più dell' edizioni, si fu per deferenza così al Bodoni il quale elesse i primi, come al Serassi che forse glieli ebbe suggeriti.

Di mano in mano che pubblicheremo gli altri volumi, sarà nostra cura di render ragione di quanto s'è da noi operato così per la scelta e distribuzione delle materie in essi contenute, come per accoarci il più che ne fosse possibile alla migliore lezione.

Alla presente edizione si è compiaciuto di soprintendere il sig. dottor Giovanni Gherardini; e da lui riconosciamo i miglioramenti che v'abbiamo arrecato.

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ELOGIO

DI

TORQUATO TASSO

SCRITTO

DA MONSIGNOR FABRONI

Dopo le fatiche di molti illustri scrittori noi an

cora intraprendiamo di far l'elogio del maggior Epico nostro, che più d'ogni altro ebbe a sofferire quel crudele anatema che la natura, facendo nascere gli uomini rari, sembra talvolta di compiacersi di pronunziare: Si grand' uomo, e si infelice. Ebbe Torquato Tasso il suo nascimento il dì 11 di marzo del 1544 in Sorrento, città ricca e deliziosa, ove il padre di lui Bernardo, per liberal concessione di Ferrante Sanseverino principe di Salerno, ai servizj di cui in qualità di primo segretario era stato chiamato fin dall'anno 1531, vivea a sè, alla famiglia e alle Muse. Porzia de' Rossi, nobile famiglia originaria di Pistoja, che la fortuna grandemente favorì, traspiantata in Napoli, era la moglie di lui; donna bellissima e costumatissima, che due pegni gli détte dell'amor suo, un maschio morto in tenera età, ed una femmina, prima di dare alla luce Torquato. La fama in cui sali questo sovrano poeta, fece sì che varie illustri città, come si legge d' Omero, siensi contese l'onore di essergli patria; Sorrento a cagione della nascita, Napoli per la madre e per l'educazione, Ferrara per la dimora fattavi oltre vent'anni, e Bergamo per la famiglia e per l'origine paterna. Ei però non riconobbe mai altra città per sua vera patria, se non quest'ultima, in cui la nobile famiglia de' Tassi dopo la dimora fatta in Almenno, terra riguardevole distante sole cinque miglia

da Bergamo, e poi in Cornello, contrada alpestre della valle Brembana, di cui si fe' signora, fissò la sua sede nel secolo XIV. L'avversa fortuna, che bersagliò Bernardo fino alla morte, l'obbligò di abbandonare i patrj lari, e gli fu nemica a segno tale, che dopo di aver seguíto il suo signore alle corti di Cesare e del re di Francia, e rendutogli servizj importantissimi e col consiglio e coll'opera, e fatto ancor partecipe delle disgrazie a cui soggiacque, non ne riportò altra ricompensa, se non se quella che da sè sola può sperare un'anima nobile e virtuosa destinata a combattere contro l'ingiustizia e l'ingratitudine.

Nelle molte e varie e sempre infelici vicende del padre, Torquato, condotto dalla madre in Napoli, vi ebbe la sua prima letteraria educazione presso i Padri della nascente allora Compagnia di Gesù; e ne' tre anni che frequentò le loro scuole, cioè dal settimo anno al decimo dell'età sua, non solo apprese perfettamente la lingua latina, di cui però aveva avuti i principj da un certo Angeluzzo suo ajo, ma s'incamminò molto bene ancor nella greca; e tanto profittò nell'arte di scrivere, da comporre e recitare orazioni e versi che destarono un'insolita maraviglia in tutti quelli che gli ascoltarono. Non minori furono i progressi che fece nella pietà, che poi l'accompagnò in tutto il corso di sua vita. Correva l'anno 1554, quando Bernardo, tornato di Francia colla buona grazia del suo signore, credè di poter trovare un asilo in Roma, che lo mettesse al coperto delle persecuzioni degl' Imperiali. Chiamò pertanto presso di sè il suo Torquato, lieto di avergli procurato un maestro che reputava il primo d'Italia, eruditissimo, e possessore di tutte due le lingue, gentiluomo di costumi, e che non aveva parte alcuna di pedante (*). Invano si adoprò d'avere ancora la figliuola e la moglie, che contra sua voglia trattenuta in Napoli per le indegne arti de' fratelli, ed oppressa dal dolore di essere separata dal marito e dal figlio, improvvisamente finì i suoi giorni il dì 13 di febbrajo dell'anno 1556. Molte lettere, una canzone e quarantanove sonetti sono un'illustre testimonianza dei pregi singolarissimi di questa donna, e della

(*) Lettere di Bernardo Tasso, vol. 3, p. 70.

desolazione che apportò la perdita di lei a Bernardo, il quale, leggendo queste sue dolorose rime a Torquato, destò nell' animo di lui un maraviglioso desiderio di battere le vestigia paterne, e di darsi interamente allo studio della poesia, mercè la quale vedeva essere lui salito in tanta rinomanza. Si suscitò intanto un' aspra guerra_tra Filippo II e il pontefice Paolo IV, per la quale Bernardo, incorso già nell'odio della parte spagnuola, non credendosi sicuro in Roma, abbandonò le speranze di miglior furtuna avute da' nipoti del papa, e il soggiorno di quella città; e, mandato prima il figlio a Bergamo, si ricovrò all'ombra del magnanimo Guidobaldo II duca d'Urbino che, seguendo le gloriose orme paterne ed avite, dava volentieri favore e ricetto agli uomini letterati.

Potè Torquato ne' pochi mesi della sua dimora in Bergamo continuare lo studio delle lettere latine e greche, che con maggior ardore coltivò, ancora con quello delle matematiche e della filosofia, nella corte d'Urbino, ove, chiamato dal padre, fu così graziosamente accolto dal duca, che, sorpreso dall'eccellenza de' suoi talenti, lo destinò compagno degli studi al principe Francesco-Maria suo figliuolo colla certa speranza che gli avrebbe servito di esempio e di emulazione. Fin d'allora nacque fra loro una reciproca amicizia e stima, che poi l'età non solo confermò, ma accrebbe ancora. A più nobili studi aggiunse altresì Torquato quello dell'arti cavalleresche; nè vi era liberale esercizio che dai più distinti soggetti in quella corte non si professasse. Dopo due interi anni di dimora in essa, costretto di seguire il padre, che gl' inviti di una nobile compagnia di dotti e fioriti ingegni sotto il nome di Accademia Veneziana condussero in quella città per istamparvi il suo poema intitolato l'Amadigi, e le altre rime sue; mentre egli servì di ajuto a quest' impresa, copiando una gran parte degli scritti paterni, provvide anche a sè medesimo, prendendo da ciò motivo di conoscere a fondo le regole, e di cogliere i più bei fiori del gentilissimo parlar nostro

toscano.

Per grandi che fossero le speranze concepite da Bernardo della felice riuscita nelle lettere del suo Torquato, la propria esperienza però gli aveva insegnato che la fortuna non era sempre compagna delle

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