Così al pubblico fato il capo altero Offerse, e 'l volse in sè sola raccorre. Magnanima menzogna, or quando è il vero Sì bello, che si possa a te preporre? Riman sospeso, e non si tosto il fero Tiranno all'ira, come suol, trascorre : Poi la richiede: Io vo' che tu mi scopra Chi diè consiglio, e chi fu insieme all'opra.
Non volsi far della mia gloria altrui Nè pur minima parte, ella gli dice; Sol di me stessa io consapevol fui, Sol consigliera, e sola esecutrice. Dunque in te sola, ripigliò colui, Caderà l'ira mia vendicatrice. Disse ella: È giusto; esser a me conviene, Se fui sola all' onor, sola alle pene.
Qui comincia il tiranno a risdegnarsi; Poi le dimanda: Ov' hai l'immago ascosa? Non la nascosi, a lui risponde, io l'arsi; E l'arderla stimai laudabil cosa:
Così almen non potrà più vïolarsi Per man di miscredenti ingiurïosa. Signore, o chiedi il furto, o il ladro chiedi: Quel non vedrai in eterno, e questo il vedi.
Benchè nè furto è il mio, nè ladra io sono; Giusto è ritor ciò ch'a gran torto è tolto. Or, questo udendo, in minaccevol suono Freme il tiranno, e 'l fren dell'ira è sciolto. Non speri più di ritrovar perdono Cor pudico, alta mente, e nobil volto; E 'ndarno Amor contra lo sdegno crudo Di sua vaga bellezza a lei fa scudo.
Presa è la bella donna; e incrudelito
Il re la danna entro un incendio a morte. Già 'l velo e 'l casto manto è a lei rapito; Stringon le molli braccia aspre ritorte. Ella si tace; e in lei non sbigottito, Ma pur commosso alquanto è'l petto forte; E smarrisce il bel volto in un colore Che non è pallidezza, ma candore.
Divulgossi il gran caso; e quivi tratto Già 'l popol s'era: Olindo anco v'accorse: Chè, dubbia la persona, e certo il fatto Venia, che fosse la sua donna, in forse. Come la bella prigioniera in atto
Non pur di rea, ma di dannata ei scorse; Come i ministri al duro ufficio intenti Vide, precipitoso urtò le genti.
Al re gridò: Non è, non è già rea Costei del furto, e per follía sen vanta. Non pensò, non ardì, nè far potea Donna sola e inesperta opra cotanta. Come ingannò i custodi, e della Dea Con qual arti involò l'immagin santa? Se 'l fece, il narri. Io l'ho, signor, furata. Ahi! tanto amò la non amante amata.
Soggiunse poscia: Io là donde riceve L'alta vostra meschita e l'aura e 'l die, Di notte ascesi, e trapassai per breve Foro, tentando inaccessibil vie. A me l'onor, la morte a me si deve; Non usurpi costei le pene mie:
Mie son quelle catene, e per me questa Fiamma s'accende, e 'l rogo a me s'appresta.
Alza Sofronia il viso, e umanamente Con occhi di pietade in lui rimira. A che ne vieni, o misero innocente ? Qual consiglio o furor ti guida o tira? Non son io dunque senza te possente A sostener ciò che d' un uom può l'ira? Ho petto anch' io, ch' ad una morte crede Di bastar solo, e compagnia non chiede.
Così parla all' amante; e nol dispone Si ch' egli si disdica o pensier mute. Oh spettacolo grande, ove a tenzone Sono amore e magnanima virtute! Ove la morte al vincitor si pone
In premio; e 'l mal del vinto è la salute! Ma più s' irrita il re, quant' ella ed esso È più costante in incolpar sè stesso.
Pargli che vilipeso egli ne resti,
E che 'n disprezzo suo sprezzin le pène. Credasi, dice, ad ambo; e quella e questi Vinca; e la palma sia qual si conviene. Indi accenna ai sergenti, i quai son presti A legar il garzon di lor catene.
Sono ambo stretti al palo stesso, e vôlto È il tergo al tergo, el volto ascoso al volto.
Composto è lor d' intorno il rogo omai, E già le fiamme il mantice v' incita; Quando il fanciullo in dolorosi lai Proruppe, e disse a lei ch'è seco unita: Questo dunque è quel laccio ond' io sperai Teco accoppiarmi in compagnia di vita ? Questo è quel foco ch' io credea che i cori Ne dovesse infiammar d' eguali ardori ? TASSO, Vol. I.
Altre fiamme, altri nodi amor promise; Altri ce n'apparecchia iniqua sorte. Troppo, ahi! ben troppo ella già noi divise; Ma duramente or ne congiunge in morte. Piacemi almen, poichè in sì strane guise Morir pur dei, del rogo esser consorte, Se del letto non fui: duolmi il tuo fato ; Il mio non già, poich' io ti moro a lato.
Ed oh mia morte avventurosa appieno! Oh fortunati miei dolci martiri! S'impetrerò che giunto seno a seno L'anima mia nella tua bocca io spiri; E, venendo tu meco a un tempo meno, In me fuor mandi gli ultimi sospiri. Cosi dice piangendo ella il ripiglia Soavemente, e in tai detti il consiglia.
Amico, altri pensieri, altri lamenti
Per più alta cagione il tempo chiede. Chè non pensi a tue colpe, e non rammenti Qual Dio promette ai buoni ampia mercede ? Soffri in suo nome, e fian dolci i tormenti; E lieto aspira alla superna sede.
Mira il ciel com'è bello; e mira il sole Ch' a sè par che n'inviti e ne console.
Qui il vulgo de' Pagani il pianto estolle; Piange il fedel, ma in voci assai più basse. Un non so che d'inusitato e molle Par che nel duro petto al re trapasse: Ei presentillo, e si sdegnò; nè volle Piegarsi, e gli occhi torse, e si ritrasse. Tu sola il duol comun non accompagni, Sofronia; e pianta da ciascun, non piagni,
Mentre sono in tal rischio, ecco un guerriero (Chè tal parea) d'alta sembianza e degna; E mostra, d'arme e d'abito straniero, Che di lontan peregrinando vegna.
La tigre, che sull' elmo ha per cimiero, Tutti gli occhi a sè trae; famosa insegna, Insegna usata da Clorinda in guerra: Onde la credon lei, nè il creder erra.
Costei gl'ingegni femminili e gli usi Tutti sprezzò sin dall'etate acerba ; Ai lavori d'Aracne, all'ago, ai fusi Inchinar non degnò la man superba; Fuggì gli abiti molli e i lochi chiusi, Chè ne campi onestate anco si serba : Armò d'orgoglio il volto, e si compiacque Rigido farlo; e pur rigido piacque.
Tenera ancor con pargoletta destra
Strinse e lentò d'un corridore il morso; Trattò l'asta e la spada, ed in palestra Indurò i membri, ed allenògli al corso: Poscia o per via montana o per silvestra L'orme seguì di fier leone e d'orso; Seguì le guerre; e in esse, e fra le selve, Fera agli uomini parve, uomo alle belve.
Viene or costei dalle contrade Perse,
Perchè ai Cristiani a suo poter resista; Bench' altre volte ha di lor membra asperse Le piagge, e l'onda di lor sangue ha mista. Or quinci in arrivando a lei s'offerse L'apparato di morte a prima vista. Di mirar vaga, e di saper qual fallo Condanni i rei, sospinge oltre il cavallo.
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